Le ‘Théâtre Chymique’ di Jacques II de Senlecque

Jacques de Senlecque è stato un editore parigino (1612 – 1659) figlio d’arte suo malgrado, terzogenito ed omonimo del padre. Inizialmente non destinata a lui ma al primogenito, ha preso in mano la tipografia di famiglia nel 1637 a causa della morte prematura del fratello Jean. Fino ad allora aveva studiato in Inghilterra, conosceva l’italiano, il latino il greco, l’arabo, il siriaco, il tedesco e lo spagnolo, aveva studiato Filosofia Scolastica ed era un abile musicista, secondo varie testimonianza un polistrumentista (il liuto e la viola da gamba fra i suoi strumenti).

Perduta è una sua raccolta di musiche, pubblicata presso se stesso nel 1637. Egli tuttavia pubblica numerose opere a carattere ermetico. In due di queste (BASILE VALENTIN, Révélations des mystères des teintures essencielles des sept métaux, 1645, e JEAN BROUAUT, Traité de l’Eau-de-Vie ou Anatomie Theorique et Pratique du Vin, 1646) aggiunge suoi testi, che spesso superano in valore quelli dell’autore1.

Egli elabora inoltre due immagini molto significative (accanto ad altre): lo ‘scudo armonico’ (“Escusson Harmonique”), emblema della sua stamperia, ed il frontespizio. Esse sono state riprodotte da Eugène Canseliet, che considera Senlecque un Alchimista degno di essere studiato, in due dei suoi libri2 (Alchimia 1 e Trois Ancient Traités d’Alchimie).

Nella sua edizione del trattato di Basilio Valentino, egli inserisce questo testo ‘Avviso al Lettore’ in cui parla del suo immaginifico ‘Teatro Chimico’.

* * *

La dicitura di ‘Teatro Chimico’ appare per la prima volta con il ponderoso trattato pubblicato a Strasburgo (Argentoratum) nel 1602 da Lazarus Zetzner e proseguito nei decenni successivi a cura dei suoi eredi con ulteriori edizioni fino al 1662; esso consisteva nella raccolta dei più importanti alchimisti di sempre accanto a testi ritenuti validi contemporanei3.

Oltre al Theatrum Chemicum di Zetzner, esistono anche altri esempi con questo nome. Uno di questi è il Theatrum Chemicum Britannicum, pubblicato a cura di Elias Ashmole4, edito nel 1652, che include ‘opere di filosofi inglesi… nel loro antico linguaggio’ di cui possiamo riprodurre il frontespizio:

Fig. 1: Frontespizio del Theatrum Chemicum Britannicum, 1652, racolta di importanti testi ermetici a cura di Elias Ashmole.

Curiosamente (ma non troppo) Ashmole definisce se stesso ‘Mercuriofilo Inglese’.

Nel titolo leggiamo inoltre che esso contiene ‘severall poeticall pieces of our famous english philosophers’: il riferimento artistico – letterario è quindi presente e giustifica l’uso del termine ‘Teatro’, anche se il Filosofo Ermetico è spesso definito ‘Poeta’ con riferimento all’etimologia del termine greco, che viene da ‘fare’, e si riferisce all’aspetto operativo, di Laboratorio, dell’Arte Alchemica.

In confronto a tali opere monumentali, il ‘Teatro Alchemico’ di Jacques de Senlecque può apparire poca cosa: tuttavia esso ha una sua rilevanza, essendo la dichiarazione di un programma editoriale ben preciso, orientato alla pubblicazione delle opere alchemiche degli autori che egli (non a torto) riteneva i più importanti5 e che ha riportato nell’immagine di frontespizio delle due opere (di Basilio Valentino e di Jean Brouaut) sopra citate.

Nel riprodurre di seguito il testo inserito da Senlecque all’interno del trattato di Basilio Valentino, avrei voluto mantenere la varietà tipografica dell’originale, con l’alternanza di corsivi, maiuscole e corsivi in maiuscolo utilizzati dall’Editore. Ci sono riuscito in parte: in realtà nelle parole tutte in maiuscolo nell’originale la prima lettera è di una dimensione maggiore delle seguenti.

L’EDITORE

AL LETTORE

Da:

BASILE VALENTIN

Révélations des mystères des teintures essencielles

des sept métaux,

Paris, 1645, Jacques de Senlecque

_________________________

AMICO LETTORE,

il Mio progetto essendo di farvi vedere la decorazione di un TEATRO CHIMICO6, sul quale non appaiono come Attori che persone7 d’autorità irreprensibile nell’intelligenza delle Meraviglie della TIPOGRAFIA o stampa delle firme, e dell’ARMONIA o temperie universale di tutte le cose più curiose che siano nella Natura, specialmente in ciò che riguarda la preparazionedel grande ELISIR o MEDICINA universale dei Filosofi ERMETICI.

Io pretendo di trovare la disposizione di questa impresa nella mia Marca o SCUDO Armonico e Tipografico8 di cui ho estratto il disegno d’una piccola figura9 che ho posto nel frontespizio di questo LIBRO in favore dei SETTE Autori marcati in esso, & in particolare di BASILIO VALENTINO & di ERMETE Trismegisto dei quali l’uno è d’Occidente e l’altro d’Oriente, i quali io spero dovranno essere i due principali Tutelari di questa Marca o SCUDO summenzionato.

La decorazione di questo TEATRO consisterà primariamente in SETTE Colonne diversificate, ognuna del Colore & circostanze particolari di Relazioni armoniche che si possono osservare nel Blasone di ognuno dei SETTE metalli.

Questo medesimo TEATRO sarà rischiarato da SETTE principali Candelieri di Cristallo, circondato ciascuno da molti piccoli brillanti, di tutti i Colori diversi dei Minerali & marcassiti che simbolizzano per ciascuno dei SETTE Metalli su allegati, che rappresenteranno la figura dei Caratteri dei SETTE Pianeti, dai quali dipendono i diversi Astri & Costellazioni composte ognuna di molte Stelle.

Fig. 2: Il cosiddetto ‘scudo armonico’ (Escusson Harmonique) concepito da Jean II de Senlecque, nella versione colorata rinvenuta e riprodotta da Eugène Canseliet, a suo dire eseguita da ‘un copista delle Opere di Filalete10.

Gli Attori della prima SETTI-mana11 saranno i SETTE Autori marcati nella detta figura di frontespizio di questo LIBRO, che sono ERMETE, Geber, Raimondo Lullo, Artefio, Basilio Valentino, Flamel e il Cosmopolita; fra di essi ce ne saranno due che cominceranno l’Ouverture di questo teatro, ovvero Basilio Valentino ed ERMETE Trismegisto Principe dei Filosofi.

Ognuno di questi Autori farà SETTE entrate di TEATRO che comporranno le SETTE scene di ciò per le quali voi intenderete (essere) meraviglie nel soggetto delle SETTE preparazioni che ho marcato con SETTE flaconi che sono rappresentati nella suddetta figura di frontespizio summenzionata, & per la spiegazione dei SETTE Caratteri apposti su di essi.

Questa prima SETTI-mana comincerà dal Mercoledì in onore del MERCURIO dei Filosofi, e poiché MERCURIO, secondo l’opinione degli Antichi nella loro Mitologia, è l’inventore della MUSICA che sarà a ciascun Intermezzo, laddove il concerto essendo a due cori, avrà uno dal lato d’Oriente & l’altro d’Occidente, sarà composto da SETTE voci & da SETTE strumenti i due principali dei quali saranno il Basso di VIOLA a SETTE Corde12, e un Clavicembalo organizzato per le risposte & i raddoppi del DIAPASON dei SETTE tubi che sono rappresentati nella piccola figura su allegata13. Se io avrò Tanta fortuna (Amico Lettore) da ricevere testimonianza della vostra approvazione su questo mio disegno, vi posso assicurare che apporterò tutta la diligenza possibile per mettere in luce a voi il resto dei SETTE Trattati manoscritti di Basilio Valentino che io ho tradotto in Latino dalle sue opere stampate in Germania, che non sono ancora state viste né in Latino né in Francese, le quali vi prometto in traduzione Francese; nelle quali io spero così di farvi apparire in uno stile molto più intelligibile che non sia mai stato fatto prima d’ora i vari sentimenti di ERMETE Trismegisto nel suo trattato Arabo della Rivelazioni dei SETTE SIGILLI Egiziani, il quale potrà essere seguito dai SETT-anta Trattati di questo Principe dei Magi o Filosofi d’Oriente, visto che si ritiene che egli abbia scritto in Arabo più di trecento volumi per realizzare il Corso perfetto della MEDICINA Filosofica, che si chiama ERMETICA, in ricordo di tale vero Interprete della Filosofia naturale e soprannaturale.

Dopo ciò, seguendo il favorevole accoglimento che voi farete ai due autori sunnominati, io potrei così mettere sotto la Pressa numerosi trattati dei rimanenti dei SETTE che sono nella detta figura14, entro la quale io spero che questo ammirabile GENIO del Martire & Religioso illuminato RAIMONDO LULLO, questo Principe dei più dotti Filosofi d’Occidente, che si ritiene abbia scritto in Latino più di trecento volumi sulla MEDICINA universale dei Filosofi, mi sarà favorevole per voi fare vedere per l’Elite (per scelta, una selezione) dei circa SETTanta dei suoi più bei trattati, tutti quelli che si può desiderare dai più curiosi sui meravigliosi effetti della vera ALCHIMIA, & potrei cominciare dai suoi trattati delle SETTE ruote della Filosofia15.

E se mi è permesso aggiungerò ancora le opere di diversi altri autori che la singolare dottrina ha reso raccomandabili nell’una & l’altra MEDICINA, come fra gli altri Henry Khunrath, che la Germania ci ha prodotto, del quale io vorrei mettere in luce SETTE trattati che non sono stati ancora visti in Francese, cioè l’Anfiteatro16,l’Apocalisse, il Trattato del FUOCO17, della Magnesia, del’Athanor, del Simbolo e della Confessione.

Il primo di questi trattati18 insegna il mezzo per pervenire alla saggezza Eterna per SETTE gradi (che quest’Autore chiama Teosofici)19 per mezzo dei quali si arriverà alla porta di questo Anfiteatro che è diviso in SETTE Cellule, in onore delle SETTE divise o SETTE leggi dell’Oracolo che egli chiama Cristiano-Cabalistico, Divino-magico & Fisico-Alchemico.

Fig. 3: Il Frontespizio realizzato da Senlecque per i due trattati di Basilio Valentino e Jean Brouaut da lui pubblicati nel 1645 e 1646.

In breve per completare questo TEATRO Alchemico & non lasciare nulla da desiderare, nelle prove delle verità della Filosofia ermetica, potrei inoltre, per mia volontà di divertimento (consolazione) redigere per SETTI-mane, & unire a questo progetto i trattati più considerevoli di Arnaldo da Villanova, di Rupescissa, del Conte Bernardo Trevisano, di Morieno, di Isacco l’Olandese, Paracelso, Khalid, Albumasar, Rashid B, Ali senior, Pietro Bono, Rossino, Guglielmo, & Cristoforo Parigino, Polifilo, Rhasis, Sinesio, Damasceno, Avicenna, Platone, Mehun, Ripley, Augurelli, d’Austin, Bacone, Pontano20, Zaccaria, di Agricola, del Principe della Miranda21 & altri22; fra i quali gli uni essendo trattati delle SETTE Clavicole o SETTE Querce della Filosofia; gli altri delle SETTE Chiavi del Paradiso; un altro ha composto lo Specchio dell’Alchimia diviso in SETTE Capitoli ove le SETTE lettere iniziali esprimono di seguito il nome di uno dei SETTE Pianeti Ermetici23. E se io riconosco che essi sono curiosi di vedere ancora le belle ricerche che sono nelle opere di Maier, io ne potrei stampare SETTE trattati dei quali il primo è intitolato SETT-imana Filosofica24.

Fig. 4: Probabilmente Jacques de Senlecque si riferiva a questa edizione della Settimana Filosofica di Maier, edita in Latino in Germania nel 1620 (vide nota).

Infine, per concludere il mio primo & particolare disegno in favore della TIPOGRAFIA & dell’ARMONIA, io spero che il LETTORE Curioso meditativo potrà congetturare facilmente per mezzo della lettura del LIBRO che segue, che l’invenzione & l’esercizio della nobile Arte della TIPOGRAFIA è del tutto Filosofico, allorché gli piacerà fare riflessioni sulle prerogative & altri vantaggi che BASILIO VALENTINO attribuì a MARTE & VENERE Ermetici25, che potrebbero essere gli ipotetici Agente & Paziente dei Filosofi; & allorché egli vorrà metterli in Parallelo con le diverse circostanze della fabbricazione26 & dell’uso dei Prototipi e dei Punzoni di STAMPA poiché essendo l’Acciaio simbolizzato con MARTE & poiché essendo le matrici di rame sono una medesima cosa con VENERE: oltre a ciò gli Stampi dei Caratteri meritano di essere comparati al vaso nel quale si fa la generazione ermetica; & specialmente si potrà osservare che il SEGRETO della trasmutazione metallica di SATURNO di cui parla il nostro Autore alla fine di questo Trattato si pratica nella proiezione Filosofica & Tipocusica27 che si deve fare sul medesimo SATURNO, che è la base della materia di detti Caratteri e TAVOLE di STAMPA28.

Fig. 5: Ritratto di Heinrich Khunrath, da un’edizione del suo trattato più noto del 1609.

Infine, se si osserva ancora ciò che ha descritto nel LIBRO che concerne la Carta da Stampa, si troverà che la sequenza delle operazioni filosofiche viene esattamente rappresentata; & a riguardo dei misteri Fisici che sono celati nell’operazione di cui ci si deve servire per fare l’Inchiostro dal quale si Stampa, io spero di farvi vedere tramite altri trattati più oltre, ciò che numerosi grandi29 Autori hanno scritto del Dissolvente o Olio dei Filosofi; cioè la Vernice Oleaginosa in cui essi facevano la Dissoluzione di ciò che chiamavano nigrum nigrior nigro30; donde verosimilmente il saggio Raimondo Lullo ha avuto occasione di comporre il trattato intitolato Tractatus Atramentorum31: “de forte” che non è senza motivo se io so sostenere e sfidare a provare più ampiamente che c’è di questa dotta Arte di STAMPA che i Curiosi si debbano sperare delle figure più spontanee & dei Tipi i più perfetti dei misteri ammirevoli della Fisiologia la più curiosa; vedere ugualmente della Teologia la più contemplativa.

Fig. 6: Frontespizio dell’edizione del 1646 del Trattato di Basilio Valentino da cui è tratto l’Avviso al Lettore in cui Senlecque parla del suo ‘Théâtre Chymique’ (Fonte: Google libri).

Questo trattato delle TINTURE potrà rendere il Lettore Curioso amatore dei due Colori principali della Filosofia ERMETICA, che potrà osservare per [tramite di] questo libro [e] non aspirare che al bianco o al rosso; & se egli cade dopo ciò nel sentimento di molti che stimano che la GRAPPA di radice sia una delle più considerevoli materie di questi Filosofi, o che il Succo di questa GRAPPA possieda naturalmente e per preferenza l’uno o l’altro di questi due colori; io lo invito a chiarire il loro uso, e voler vedere un altro libro che io ho nuovamente ottenuto di Stampare che tratta molto curiosamente dell’ANATOMIA teorica & pratica del VINO32, & dell’uso vantaggioso della sua ACQUA DI VITA alcolizzata33, che i Filosofi chiamano il loro CIELO, nel quale si possono porre tutti i Pianeti & le costellazioni dell’Astronomia inferiore34, e particolarmente questi due grandi luminari del SOLE & della LUNA Ermetici35 chiamati volgarmente ORO e ARGENTO potabili, in cui le virtù sono così ammirabili e così efficaci, che non ha pressoché niente di impossibile in questo mondo chi ne possieda il TESORO36, così che il curioso Lettore potrà, se gli piace, osservare più a lungo dentro un altro Trattato che io ho stampato da poco tempo sull’Astronomia inferiore dei SETTE METALLI, & sull’ARMONIA dei loro sistemi37; insieme dei dodici segni dello ZODIACO & [delle] altre costellazioni del CIELO dei Filosofi ERMETICI.

E riguardo all’ARMONIA; sia che si consideri quella dei suoni chiamata MUSICA; o allo stesso modo quella delle relazioni& giustificazioni esatte dei Caratteri & TAVOLE di una bella & Corretta stampa senza scrivere in questo luogo i curiosi ragionamenti dell’incomparabile Raimondo Lullo e altri: io mi accontenterò di dire in termini generali che non si può sperare in geroglifici più notevoli per rappresentare l’ARMONIA della vera Logica che insegna i veri accordi di uno o più attributi con un soggetto, in cui consistono le vere conoscenze di tutte le facoltà della Scuola & di tutte le scienze più di rilievo, & in particolare la SINFONIA delle Inclinazioni Magnetiche degli Elementi o Principi, & delle qualità o temperamenti di tutti i Mistiche sono nell’UNIVERSO; & specialmente quella dei diversi Caratteri delle Passioni; o delle Materie Filosofiche, la Melodia & accordo pacifico delle quali è il fine principale di tutti coloro che si applicano allo studio della TEOLOGIA morale & della FISIOLOGIA universale dei Filosofi ERMETICI.

CONSIDERAZIONI

L’idea del ‘Theatrum Chemicum’ (che va tradotto, secondo il nostro parere, non con ‘Teatro Chimico’, bensì con ‘Teatro Alchemico’ per non generare confusione in chi legge) il nostro erudito musico e tipografo la riprende, come accennato, dall’opera monumentale di Zetzner, alla quale verosimilmente si ispirerà anche Elias Ashmole.

La dimestichezza con la pratica e la teoria musicali di Jacques II de Senlecque correda la descrizione con una ‘visione’ di tipo effettivamente teatrale, scenografica, direi quasi operistica nel senso in cui si sta sviluppando (in Italia, principalmente) l’arte dell’Intermezzo e che evolverà nell’Opera Lirica emancipandosi dalla propria iniziale funzione di elemento di separazione fra le varie scene in cui con la musica si intrattiene il pubblico a teatro.

Questo avviene già nel 1589, a Firenze, con ‘Gli Intermedi della Pellegrina’, realizzati per il matrimonio di Ferdinando de’ Medici con Cristina di Lorena che superarono di fatto in importanza l’opera di teatro ‘La Pellegrina’ di Girolamo Bargagli, anche se ancora si dovrà attendere per avere un’opera teatrale con musiche scritte da un solo autore, mentre questi intermedii contengono musiche di Cristofano Malvezzi, Emilio de’ Cavalieri, e molti altri.

Senlecque concepisce dunque sette intermezzi di sette scene, con due cori a sette voci, con clavicembalo e organo (egli cita ‘il diapason di sette tubi’ presente nel suo ‘Scudo Armonico’, ovvero un piccolo organo positivo38) ed altri strumenti (la viola a sette corde), e si preoccupa anche delle scenografie, il tutto con un profondo significato simbolico sia astrologico che alchemico il cui legame comune è il numero sette.

Tuttavia la sua preoccupazione principale è quella della divulgazione del sapere ermetico, per cui dopo questa prima parte egli si sofferma sulle opere che ritiene importanti in campo alchemico, citandone gli autori più importanti.

Senza che venga chiamata con questo nome di ‘Teatro’, si svilupperanno poi altre opere che, con la metafora del teatro stesso, si propongono la divulgazione di insegnamenti ermetici: penso infatti al ‘Carlo V’ di Francesco Maria Santinelli, un testo teatrale ricco di riferimenti all’Arte Regia che l’alchimista pesarese allievo di Gualdi dedicò a Leopoldo I39.

D’altro canto fu proprio Heinrich Khunrath ad adoperare il termine ‘Amphitheatrum’ (non Chymicum o Chemicum tuttavia) già nel 1595 per il suo più noto trattato di Alchimia, quindi in epoca precedente quella del nostro autore, ma nel quale il termine viene impiegato come paradigma della propria visione ermetica e non con così stringenti metafore con il teatro come lo conobbe, evidentemente, Senlecque.

In conclusione, l’interessante figura di questo erudito del ‘600, costretto dal fato a condurre la stamperia paterna, dimostra di porsi, con il suo eclettico sapere, come ponte fra discipline artigiane come la Tipografia, da lui elevata a metafora simbolica dell’Armonia, la Musica, la Letteratura e le Scienze Sacre.

Per gli indagatori più esigenti, è stato messo a disposizione il testo riportato con una traduzione la più letterale possibile al fine di non disperdere eventuali sensi ‘fonetici’ o cifre numeriche o finanche tipografiche che possano essere utili alla propria individuale ricerca operativa.

Chemyst

N. B.: Ogni diritto è riservato

NOTE

1 La metafora del Teatro Chimico avrà una lunga fortuna nella trattatistica alchemica. Jacques de Senlecque probabilmente ha letto il Theatrum Chemicum edito da Zetzner nel 1622, riprendendone qui il concetto. Essendo invece il Theatrum Chemicum di Ashmole uscito nel 1652, non poteva conoscerlo al momento di questa pubblicazione che è del 1645.

2 La ‘Lettera del Sommo Filosofo Giovanni Pontano’, nella quale si tratta della Pietra che è chiamata dei Filosofi’ è comparsa in tre diverse edizioni del Theatrum Chemicum edito da Zetzner nel 1622 (vol. III, pp. 826-828); nel 1661(vol. III, pp. 734-736 e vol. VI, pp. 487-489); dell’ultima è stata recentemente pubblicata una bella traduzione in Compos Stellae, Offerus Criophorus, Orthelius Dévoilé, Roma, 2021, Youcanprint, pp. 76-84. Jacques de Senlecque non può aver avuto accesso che alla prima edizione del 1622, essendo deceduto prima dell’uscita delle due successive.

3 Laurent Guillo, Les éditions musicales imprimées par Jacques I de Sanlecque, Jacques II de Sanlecque et par Marie Manchon, veuve Sanlecque (Paris, ca. 1633-1661). Christine Ballman; Valérie Dufour (Eds.) “ La, la, la… Maistre Henri”: Mélanges de musicologie offerts à Henri Vanhulst., Brepols, 2010, Centre d’Etudes supérieures de la Renaissance, pp. 257-295.

4 Elias Ashmole, Theatrum Chemicum Britannicum, containing severall poeticall pieces of our famous English Philosophers, who have written the Hermetique Mysteries in their owne ancient language, London, 1652, J. Grismond for Nath. Brooke

5 Anticipiamo che essi sono Ermete Trismegisto, Basilio Valentino, Geber, Artefio, Flamel, Lullo e il Cosmopolita

6 vedi Fig. 1

7 In questo caso si riferisce al Piombo minerale, usato per fusione per realizzare i caratteri.

8 vide nota 12

9 Heinrich Khunrath, De igne magorum philosophorumque secreto externo & visibili; das ist, Philosophische Erklahrung, von, und uber dem … Gludt und Flammenfewer der uhralten Magorum oder Weysen … Beneben andern zweyen Tractätlein: deren das erste in … Judicium … eines erfahrnen Cabalisten und Philosophen uber die 4. Figuren desz grossen Amphitheatri. Strassburg. 1608

10 Eugène Canseliet, Trois anciens traités d’alchimie, op. cit.

11 ‘Persona’ è qui inteso con l’accezione greco-latina di ‘personaggio’. Ricordo che la funzione del Teatro, soprattutto quello Greco, era sacra.

12 Si riferisce al piccolo organo (o flauto di Pan) del cosiddetto “Scudo Armonico”. Su questa immagine abbiamo in corso uno studio approfondito, incluso nell’ambito di ricerche sulla figura di Jacques de Senlecque II.

13 Si riferisce all’Ars Magna generalis et ultima di R. Lullo.

14nel testo originario è scritto ‘alKoholisee’

15 Henry Khunrath, Amphitheatrum Sapientiae Aeternae, op. cit.

16 Una curiosità in proposito: la viola a sette corde è attribuita, come invenzione, al grande compositore e violista francese Saint_Colombe, nato nel 1640, che aggiunge un La grave alle sei corde sin lì utilizzate. Senlecque tuttavia, che utilizza l’immagine a scopi simbolico-allegorici, dice che in Francia (all’epoca della pubblicazione del ‘Traité de l’eau de vie’, 1646) non ce n’erano, mentre ne aveva viste alcune in Inghilterra. E’ questa una testimonianza che potrebbe avere un rilievo musicologico non da poco.

17 Per i più ‘curiosi’ (secondo la definizione che lo stesso Senlecque attribuisce agli alchimisti e in generale agli indagatori dei meccanismi della Natura) suggerirei di non limitarsi all’attribuzione di Ferro e Rame metallici alle due divinità (o pianeti) qui citate, ma (considerando dal punto di vista ermetico anche il mito dell’accoppiamento di Marte e Venere, sorpresi ed ‘irretiti’ da Vulcano) l’accenno a due prodotti avanzati dell’Arte.

18 Michael Maier, Septimana philosophica, qua aenigmata avreola de omni natvrae genere a Salomone Israëlitarum sapientissimo rege, & Arabiae regina Saba, nec non Hyramo, Tyri principe, sibi inuicem in modum colloquii proponuntur & enodantur …, Francofurti, 1620, Typis Hartmanni Palthenii, Sumptibus Lvcae Iennis

19 ‘Il nero più nero del nero’

20 E’ un neologismo creato dall’erudito tipografo relativo all’arte della stampa

21 Francesco Maria Santinelli, Sonetti Alchemici e altri scritti inediti, a cura di M. T. Partini, Roma,1985, Mediterranee.

22 Lazarus Zetzner (Eredi), THEATRUM CHEMICUM, Praecipuos Selectorum Auctorum Tractatus de Chemiae et Lapidis Philosophici Antiquitate, veritate, jure, praestantia, & operationibus, continens: In gratiam Verae Chemiae et medicinae Chemicae studiosorum (ut qui uberrimam inde optimorum remediorum messem facere poterunt) congestum, & in Sex partes seu volumina digestum, SINGULIS VOLUMINIBUS, SUO AUCTORUM ET LIBRORUM Catalogo primis pagellis: rerum verò & verborum Indice postremis annexo. ARGENTORATI, Sumptibus Haeredum Eberh. Zetzneri, M.DC.XXII. Isaac Hachbrecht (ed.).

23 Nell’originale ‘graves’

24 Nel testo in realtà è scritto ‘LUNE Hermetique’, può essere mancante per errore la ‘s’ finale, oppure intende davvero ‘Luna Ermetica’?

25 nel testo: ‘s’ystèmes’

26 nell’originale: SEPT-maine

27 Il Tractatus Atramentorum (Trattato degli inchiostri, letteralmente) di Raimondo Lullo è ricordato nell’elenco di numerose opere storiche sull’alchimia, fra le quali quella di Lenglet-Dufresnoys (1742) e quella di Borel (1653), mentre questa citazione di Senlecque è anteriore ad entrambe (1645). Ad oggi non ho trovato un originale di Lullo, né una ristampa successiva.

28 Si riferisce all’immagine di frontespizio, vedi Fig. 2

29 Da questo ricco elenco traspare ancora una volta la vastità delle conoscenze ermetico-alchemiche di Jean de Senlecque, nonché evidentemente della sua possibilità ad accedervi. Poiché nella biografia paterna nulla di tutto ciò traspare (anche se Canseliet suggerisce che fosse anch’egli introdotto all’Arte), è ipotizzabile che lo studio di tali opere e di tali autori sia avvenuto negli anni di soggiorno inglese del nostro editore, nonché dalla sua incredibile capacità di studioso.

30 Pico della Mirandola

31 Probabilmente si riferisce all’omonimo trattato di Ruggero Bacone; tuttavia anche Jehan de Mehun (1240-1304) ha scritto un Miroir d’Alchimie. Entrambi sono citati nel suo elenco. Se il primo è noto ai più, a torto Jean de Meun (Mehun, Meung) detto anche Clopinel lo è meno: oltre ad aver scritto Le Miroir d’Alchimie è l’autore della seconda parte del Roman de la Rose di Jean de Lorris.

32 vedi fig. 2

33 Paolo Lucarelli nella sua Prefazione alla seconda edizione del Mistero delle Cattedrali attribuisce ‘infinite possibilità’ al Mercurio Comune. Sembra qui che i due Alchimisti parlino della medesima cosa.

34 Jean De Bonneau, Abrégé de l’astronomie inférieure des sept métaux: Harmonies des systemes de ces sept planètes, ensemble des douze signes du zodiac & autres constellations du ciel des philosophes hermétiques, Paris, 1645 e 1646, Senlecque & Remy & Heinault.

35 Eugène Canseliet, Trois anciens traités d’alchimie, Paris, 1975, Pauvert; Eugène Canseliet, L’Alchimia. Studi di simbolismo ermetico e pratica filosofale, Traduzione di Paolo Lucarelli, Roma, 1985, Mediterranee

36 Heinrich Khunrath, Amphitheatrum sapientiae Aeternae, Hamburg, 1595

37 Nell’originale: (que cet autheur appelle) Thé-osophique

38 Nel testo ‘fabrique’

39 Jean Brouaut, Traité de l’Eau-de-Vie ou Anatomie Théorique et Pratique du Vin, Parigi, 1646, Senlecque

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La definizione di Alchimia

Fra i numerosi debiti di riconoscenza che devo a un vero Fratello in Ermete d’oltralpe, Jean Artero, annovero anche questo testo di Eugène Canseliet, pubblicato nel 1993 da Jean Laplace sulla sua collana “Le Curieux de Nature” – Petite encyclopédie des études Philosophiques, Volume I Fascicule 4, Basilea, Jean Laplace éditeur, 1993. Successivamente Sylvaine Canseliet lo includerà nel volume “Alchimie. Nouvelle études diverses sur la Discipline alchimique e le Sacré hermétique”, Paris, 2007, Guy Trédaniel, pp. 37 – 42.

E’ un testo apparentemente divulgativo, ma un Maestro come Canseliet che ha dedicato la vita alla diffusione della Scienza Sacra non cessa di dispensare insegnamenti che nel tempo si riveleranno portatori di sorprese anche per cercatori esperti.

Ho voluto quindi proporre una mia, probabilmente imperfetta, traduzione di questo articolo, poiché è pieno di piccoli tesori preziosi, alcuni dei quali ho messo in evidenza.

“L’Alchimia è, spiritualmente, la volontà di elevazione, di progresso costante e, fisicamente, l’estrazione del succo, del sapore1; essa soddisfa il bisogno della speculazione, dell’esperienza per le aspirazioni dello spirito e della materia. Il desiderio della ricerca alchemica risponde a uno stato di coscienza, che scorre, per l’uomo, dal fenomeno d’armonia che può stabilirsi fra il ritmo della sua anima e quello dell’anima universale. In questo modo la creatura può sfuggire alla sfera limitata, oh così ingannevole, dell’individuo e della sua collettività.

Caduta nell’oblio, calunniata, relegata a livello della stregoneria, l’Alchimia pone di nuovo i suoi problemi eterni e trova un pubblico continuamente accresciuto. Essa appare come un fattore di pacificazione dell’inquietudine generale, un atto di fede per il pensiero, una fonte di Scienza.

L’alchimista si applica soprattutto2 alla realizzazione della Grande Opera, che si sviluppa sui due piani spirituale e fisico, ed ha come scopo la scoperta della medicina universale o della Pietra Filosofale. Fondata sulla disciplina di una filosofia molto rigorosa, le operazioni della Grande Opera si svolgono nel laboratorio, dove appaiono molto simili a quelle della chimica. Nondimeno le differenzia qualcosa che può essere qualificata come magia naturale e che riposa scientificamente sul rispetto delle condizioni esteriori e cosmiche3. E’ così che i materiali che occorrono alle operazioni alchemiche subiscono preliminarmente una lunga e minuziosa preparazione. E’ importante infatti che le sostanze si presentino pure quanto possibile per il momento della loro messa in opera, e l’alchimista si applica a rimanere in contatto con esse, intervenendo con tutta la forza del suo essere.

L’athanor, che etimologicamente significa privo di morte4, è il forno segreto dell’alchimista. Esattamente l’athanor sviluppa e trattiene il fuoco nascosto che deve essere nutrito con il fuoco elementare, cioè quello che alimenta, all’esterno, il gas o il carbone. Questo fuoco segreto o sale nitro5 raccolto dalla rugiada6 è molto verosimilmente l’anima del mondo, e l’agente di tutte le meravigliose metamorfosi alle quali dà luogo la sovrumana creazione della Grande Opera. È il cuore della creazione alchemica ed è trattenuto al centro del mercurio dove la virtù vegetativa è esuberante. Esso è anche raffigurato a volte come il serpente, altre volte con la conchiglia di San Giacomo. È un punto capitale7 della scienza che non è trasmesso se non da bocca a orecchio.

Fig. 1: Mutus Liber, IV Planche

Il matraccio o l’uovo dei filosofi è incubato progressivamente, in una graduazione ponderabile, colorata e sonora che ha fatto anche designare la Grande Opera con l’espressione di Arte di Musica8. All’inizio dell’opera, l’uovo è ugualmente il simbolo della materia prima che è brutalmente aperta per mezzo della spada. Allo stesso modo, gli Antichi volevano che fosse un’agricoltura celeste il loro lavoro sulla materia, che rappresentarono sovente tramite una quercia vecchia e cava. Dalle caverne della montagna di Ermete, estratto il dragone al quale l’aria o il vento apporterà le ali della volatilità. Questo linguaggio, al tempo stesso chimico e mitologico, è quello dell’antica Torre di Babele che apparentemente affonda nel cielo e nella terra.

Fig. 2: Michael Maier, Atalanta Fugiens, Emblema VIII

Sotto i geroglifici del sale e del leone, lo zolfo è sublimato per gradi, nella sua corsa sullo zodiaco dei pianeti. Il globo terrestre nutre dal proprio seno questo zolfo che i vecchi alchimisti chiamavano l’infante chimico, e di cui un antico precetto ci rivela che “il vento l’ha portato nel suo ventre”. La salamandra gli insuffla la vita, poiché rimane il simbolo del fuoco segreto che illustra scientificamente il fluido igneo del centro della terra. Il dragone che si erge fra il sole e la luna, sotto gli occhi del maschio e della femmina non svela il pericolo che costituisce l’esplosione del potere illimitato della materia senza tutta la saggezza richiesta?9

Fig. 3: Michael Maier, Atalanta Fugiens, Emblema I

La Mandragora, la Mano di Gloria, il giro di mano o di forza senza il quale non può essere ammaestrato il mostro che raffigura il minerale; per fuggirlo, il nostro minerale mondato s’è messo sotto la protezione degli Alchimisti, con il sole e la luna filosofici ancora nella loro infanzia. All’inizio, l’incontro delle due materie primordiali è violento, ed esso raffigura il famoso combattimento del Cavaliere e del dragone e che si calma dopo quando si affrontano gli zolfi simbolici tramite i due leoni. Saturno10 divora suo figlio, prima che il re-sole e la regina-luna della Grande Opera si preparino per l’imeneo indissolubile. Proprio prima che essi entrino assieme nel talamo nuziale, la purificazione è necessaria. La generazione in un primo tempo, ha luogo nell’acqua di una caverna e finisce sulla terra alla luce del giorno.

Fig. 4: il Combattimento delle Due Nature, dall’Aurora Consurgens11

Dall’unione senza macchia delle due nature, nasce l’ermafrodito, cioè l’uomo nuovo, tornato allo stato di perfezione e di felicità totale che era quello del quale godeva nella prima era del mondo. L’ermafroditismo non è raggiunto che con la prova infernale che, in alchimia, è esclusivamente quella del fuoco. C’è un’impossibilità fisiologica sul piano ordinario dell’umano che esprime nell’opera alchemica l’unione inseparabile che è quella dello zolfo e del mercurio filosofici12. La loro associazione intima e radicale si persegue nelle fiamme più vive in un recinto che conforta l’ermafrodito, e che seguirà un lungo periodo di putrefazione in seno al matraccio. E’ la fase oscura della Grande Opera, quella delle ombre cimmerie, quella del nero più nero della notte, da cui sortirà la splendente Luce.

La morte che è sempre accompagnata dalla putrefazione, dalla dissoluzione fisica, non è che il preludio alla nascita di una nuova vita.

Ciò che personifica il piccolo re13 coronato, in tutta la sua gloria, è il puro del puro, la porpora, il carbonchio degli Adepti e, sotto il suo nome più conosciuto,

la Pietra Filosofale.”

Non posso lasciarvi senza alcuna notazione musicale: poiché di Rugiada si è parlato, restiamo in tema…

A tutti i cercatori sinceri, in particolare a chi inizia o a chi si sente smarrito, buona cerca!

Chemyst

NOTE

1Saveur ha la stessa etimologia di savant; allo stesso modo in Italiano sapore e sapiente.

2Ma non solo: il perseguimento della conoscenza, del benessere fisico ed economico non sono l’unico scopo dell’Alchimia.

3Si veda in proposito l’apposito capitolo in E. Canseliet, l’Alchimia spiegata sui suoi testi classici, Roma, 1972, Mediterranee.

4In Francese pure si pronuncia esattamente come in Greco pur (Fuoco).

5Nell’originale sel nitre: non ci inganni la somiglianza con l’italiano salnitro, che in francese è invece salpetre; piuttosto si rifletta sulla pronuncia del francese sel, identica a scelle (sigillo): dunque qui Canseliet sta alludendo ad un sigillo che il nitro (comunque un sale) può aprire, come una chiave. I sali, in alchimia, sono effettivamente raffigurati come chiavi.

6Qui Canseliet è al tempo stesso generoso ed ‘invidioso’: bisogna infatti intendere di quale rugiada si stia parlando.

7Un piccolo suggerimento,da parte di Canseliet.

8Qui Canseliet fa un notevole salto in avanti e ci porta in Terza Opera, nella ‘Grand Coction’ di cui parla nell’apposito capitolo dell’Alchimia spiegata… op. cit. Soffermiamoci sui termini ‘ponderabile’, legato all’aumento di peso della materia, ‘colorato’ come lo stesso Canseliet constatò durante la rottura del proprio uovo filosofico nel gennaio 1938, e ‘sonora’ poiché, come racconta lui stesso, ogni 24 ore la materia produceva un suono disposto lungo una scala cromatica, stavolta in senso musicale.

9Il riferimento di Canseliet è all’energia atomica, indubbiamente di notevole forza, ma che per gli Alchimisti è ottenuta ‘per artem diabolicam’

10Saturno è il pianeta associato al Piombo, tuttavia gli Alchimisti parlano di Piombo ‘filosofico’, che non corrisponde al metallo citato. Artefio avverte che in realtà la materia di cui si parla è ‘della progenie di Saturno’.

11http://www.e-codices.unifr.ch/fr/zbz/Ms-Rh-0172/11r-23/0/

12Qui l’Autore ribadisce il piano eminentemente metafisico delle operazioni filosofiche.

13Altro piccolo indizio seminato da Canseliet il quale, come da Tradizione, non può rivelare il nome del Soggetto minerale. ‘Piccolo re’ in latino si traduce con Regulus.

La Domenica delle Palme… e dell’Asino

Carissimi Cercatori,

nella Domenica delle Palme il Cristo entra trionfalmente in Gerusalemme. Oltre alla sua figura, spiccano altre due figure allegoriche, ovvero l’asino cavalcato da Gesù e le palme con le quali veniva festeggiato. Molta la musica dedicata all’evento, oltre all’invocazione ‘Osanna’ che ricorre nel Sanctus cantato o recitato ogni domenica: della mia adolescenza però tendo ad associare la Domenica delle Palme a questo intramontabile capolavoro:

La Palma è stata dettagliatamente esaminata da Fulcanelli e poi ripresa da Canseliet: intanto perché è su uno dei suoi rami (o in un nido di sue foglie) che si posa la Fenice quando muore bruciando e si rigenera dalle proprie ceneri. Come non vedervi l’allegoria con il Cristo, zolfo nascente in purezza da una vergine Immacolata, ovvero la nostra materia preparata ad accoglierla (mercurio), che quando giunge a piena maturità deve essere ucciso sulla croce per poter risorgere in un ben diverso Stato, croce che al tempo un po’ stesso simbolo di crogiolo e fuoco segreto tramite i quali “uccidiamo“ le nostre materie dopo lunghi tormenti, compresi “i tre chiodi“ che per gli alchimisti sono tre “aggiunte“ di un sale in grado di aumentare il potere di fusione del calore?

E’ inoltre sotto una palma che si rifugia Latona (altro simbolo alchemico), madre di Apollo (simbolo dell’Oro Filosofico). Severin Batfroi, inoltre, ci riporta il passo di un vangelo apocrifo dove una palma si piega per offrire il suo frutto a Maria incinta (nelle canzoni celtiche la palma diventa un ciliegio, e con questo nome diviene una canzone di Branduardi, che innesta sulla leggenda anche il tema della supposta differenza d’età fra Giuseppe e Maria.

La croce, inoltre, sul cui nome gioca cabalisticamente Fulcanelli per l’affinità fonetica fra Croix e Croiset (crogiolo, che in latino tardo è Crucibulum); inoltre è disegnata sul dorso dell’asino su cui monta Gesù: di questo animale, spesso disprezzato, tesse le lodi Canseliet, citando una bellissima melodia medievale tratta dalla “Festa dell’Asino“, il cui testo fu scritto da Pierre de Corbeil, arcivescovo di Sens. Di esso ci dicono Fulcanelli e Canseliet che si tratti del mitico Aliboron, il cui nome, peraltro, è associato ad un altro personaggio raffigurato nel Plessis Bourré, ma di cui parleremo un’altra volta.

Nella nostra tradizione, come anche dice il brano gregoriano in uso, i fanciulli ebrei agitavano rami di ulivo (nella povera versione volgarizzata in Italiano dalla CEI tornano ad essere peraltro di palma), ma, forse perplesso per questa discrepanza, Tomas Luis da Victoria (vero campione dei canti polifonici di Passione nel Rinascimento) evita la citazione nel suo, bellissimo, ‘Pueri Hebraeorum’ con il quale vi riporto, consapevole di aver solo sfiorato suggestioni alchemiche lasciando a voi il piacere del loro sviluppo, a musiche a me più familiari.

Con queste armonie gioiose vi lascio con l’augurio che la vostra sia una Pasqua serena e proficua.

Chemyst

Science écrite de tour l’art hermétique: da Boucher a Champagne… con un pizzico di Laplace

Cari Cercatori,

con grande piacere ho ricevuto dal caro Jean Artero questo piccolo ma prezioso libro, che consiste di un trattato datato 1731 e sul quale il suo attento curatore ci racconta una storia molto interessante.

Per chi non lo conoscesse, Jean Artero si dedica da sempre alla valorizzazione ed alla rivalutazione di Julien Champagne, noto principalmente quale disegnatore delle splendide tavole del Mistero delle Cattedrali e delle Dimore Filosofali, in realtà (grazie anche all’attenta ricerca di Artero e di Archer) da considerare invece alchimista di tutto rispetto.

In pratica Jules Boucher (1902-1955), allievo di Julien Champagne (che egli credeva fosse Fulcanelli) pubblicò nel fatidico 1952 questo trattato anonimo denominato appunto Science écrite de tout l’art hermetique, sulla rivista francese Initiation & Science, numero XVII, corredato da commenti dei quali si attribuisce la paternità, pur precisando che originano da “note prese nel corso di incontri con il nostro rimpianto Maestro ed amico: Fulcanelli“.

Nel 2012 però un articolo su L’Initiation dal titolo “Fulcanelli, dossier trasmesso da Raymond Fuselier” specifica che le note suddette sono di Julien Champagne, con evidenze consistenti a sostegno.

Ulteriori conferme le trova nel 2018 lo stesso Artero in una raccolta intitolata Hermétisme dove compare il nostro trattato, ma estratto dalla rivista L’Haute Science del 1894 , con marginalia sicuramente di Julien Champagne, che forse – ipotizza sempre Jean Artero – avrebbe voluto farne una pubblicazione, poi abortita.

Ulteriori, dettagliate notizie vi sono contenute, e lascio al lettore cui raccomando questo libro, il piacere di scoprirle. Come di consueto, dopo il testo con le note di Champagne, in un capitolo di appendici c’è un apparato iconografico a corredo molto dettagliato quanto la bibliografia, ed una postfazione di Archer che ne esplora gli aspetti più propriamente operativi. A lui va la nostra gratitudine per il ricordo, veicolato nel titolo Hermétiques Ballade, del compianto Jean Laplace, del quale ogni giorno scopriamo meraviglie.

Chemyst

La musica nelle poesie di Jean Laplace

Non risiede certamente, se non in piccola parte, nella musica che Laplace, straordinario alchimista ahimè scomparso a soli 45 anni nel 1996, ha veicolato il suo originale quanto straordinario messaggio alchemico, pur tramandato all’interno della tradizione di Fulcanelli e Canseliet. Di quanto esso sia prezioso forse anche per la sua originalità ce ne siamo accorti ben più di quattro anni fa, affrontando lo studio delle sue Révélations Alchimiques sur la Fin du Monde, da lì poi esteso ad altri suoi preziosi scritti, studio che non si è fermato e che ci porta a scoprire ogni giorno nuovi frutti.

Infatti, scorrendo i suoi preziosi versi racchiusi nelle Hermétiques Ballades (1978) ci si imbatte (ad esempio, ed è per questo che ne rendiamo conto in questo blog) spesso in termini ed immagini musicali.

Già il titolo lo annuncia: le sue sono Ballate, una forma di musica (e di danza!) che affonda le sue origini nell’antichità, come d’altronde l’Alchimia. E, come ricorda ancora Canseliet nelle sue “Considerazioni liminari“ allo stesso volume, l’autore “… ha ricercato l’approccio difficile all’Arte della Musica1, sulla via di accesso all’Assoluto, tramite il Verbo ed il Ritmo“.

Jean Laplace nel 1992

Il bel libro di poesie di Laplace, ormai raro trovarsi, egli lo divide in due parti. La prima si apre con sezioni in cui titoli sono tratti da forme musicali in sequenza, come in una Suite: Prelude, Divertissment, ed alla fine di questa sezione, un componimento (brillante, onomatopeico, quasi futurista) dal titolo “Rondeau“ pieno di giochi di parole sul termine “Aquila“ (guarda caso), scandito in italiano.

Cominciano poi le vere “ballate ermetiche“: una raccolta visionaria che al Cercatore regala segnali e racconti, visioni, come le chiama lui stesso, piene di fascino e di immagini. Nella nona ballata, Renaissance, evoca ad esempio delle “trombe apocalittiche“ e nell’ultima (Gloire) ecco angeli musicanti, organi, serafini piroettanti, dolci voci delle anime ed una vibrazione universale. Dopo una sezione di “Recreations” c’è un “Carnet de voyage” che – ci avverte – non ha a che fare con la prima parte: sono appunti di viaggio (il nostro poeta-alchimista ha viaggiato moltissimo prima di consacrarsi alla Dama) fra i quali c’è una gustosa poesia, dal titolo ‘J’ay estait coupe’ che reca in calce “Parigi, 1970“ e dunque non è un viaggio, piuttosto un ritorno a casa, a meno che il viaggio non consista nell’ascolto di una musica di Luc Ferrari, compositore innovativo e spregiudicato2.

Luc Ferrari – ci infrorma Wikipedia – è nato a Parigi (ma aveva nonni italiani, NdA) e ha studiato pianoforte con Alfred Cortot, analisi musicale con Olivier Messiaen e composizione con Arthur Honegger. I suoi primi lavori sono liberamente atonali.

Nel 1954 Ferrari va negli Stati Uniti dove incontra Edgard Varèse, del quale aveva sentito alla radio Déserts, opera che lo aveva notevolmente impressionato. Fu infatti questa composizione ad ispirare Ferrari nell’uso del nastro magnetico per le proprie musiche.

Nel 1958 fonda con Pierre Schaeffer e François-Bernard Mâche il Groupe de recherches musicales. Ha insegnato presso svariate istituzioni in tutto il mondo, lavorando anche per il cinema, il teatro, la radio.

Il compositore Luc Ferrari

Nei primi anni Sessanta Ferrari inizia a lavorare sul suo Hétérozygote, un pezzo per nastro magnetico. L’uso di suoni ambientali è finalizzato a suggerire una drammatizzazione narrativa. L’impiego di registrazioni ambientali divenne tratto distintivo del linguaggio musicale di Ferrari. In quegli anni teorizza la musica aneddotica: ponendo le sue radici nella musica concreta, Ferrari mette in risalto l’aspetto aneddotico e narrativo dei suoni registrati.

Una delle composizioni di Ferrari, Presque rien No. 1 “Le Lever du jour au bord de la mer” (1970) è considerato un classico del suo genere. Per questo lavoro Ferrari registra una giornata di suoni ambientali su una spiaggia jugoslava, da cui trae un pezzo di ventuno minuti. È stato visto come un’affermazione del pensiero di John Cage, secondo il quale la musica è sempre attorno a noi, e se solo ci fermiamo ad ascoltarla possiamo capirlo.

ecco un esempio della serie ‘Presque rien‘:

Luc Ferrari, Presque Rien no 2 C

Nel 1982 collabora con Piotr Kamler per la colonna sonora del film surrealista Chronopolis.

Ferrari ha continuato a scrivere musica strumentale oltre a quella per nastro magnetico. Ha realizzato numerosi documentari su compositori contemporanei, inclusi Olivier Messiaen e Karlheinz Stockhausen.

Nella poesia su accennata Laplace gioca molto con le parole, creando neologismi musicali divertenti soprattutto per un musicista. Vale la pena di riportare l’intero testo ed una mia, probabilmente imperfetta, traduzione:

J’ai été coupé

En écoutant Luc Ferrari

Je venais d’entrer dans le LA

J’y étais, je le suivais

A grands pas, à petits pas,

Suivant le temps qu’il fasait;

Je montais, je descendais,

J’altérais suivant la clé,

Je mesurais, je pointais,

Au mieux, je contrepointais;

Je diapasonais

En pleine harmonie,

Je crochetais, je triolais,

Je lamineurais.

Je diaphonais, je polyphonais;

J’andantais, je pinissimais:

J’étais parti.

Poussé par je ne sais plus quoi,

Inspiré peut-etre,

Ou les deux à la fois;

J’allais à l’instant mettre,

Bout à bout

Simplement, sans chercher,

Les petits riens qui font le tout.

J’ai été coupé

PARIS 1970

Sono stato interrotto

“Ero appena entrato nel LA3

ero lì, l’ho seguito.

A grandi passi, a piccoli passi

Seguendo il tempo che faceva,

Salivo, scendevo

Alteravo4 secondo la chiave5

Misuravo6, puntavo7

Al meglio, contrappuntavo8.

Diapasonavo9.

In piena armonia,

Cromavo10, terzinavo11,

laminoravo12,

diafonavo13, polifonavo14,

andantavo15, pianissimavo16.

Ero partito.

Spinto non so più da cosa,

Ispirato magari,

O le due cose insieme,

Stavo per mettere all’istante,

da un capo all’altro17, semplicemente,

senza cercare

i piccoli niente18 che fanno il tutto.

Io sono stato interrotto.

Un uomo di grande cultura, Jean Laplace, dalla formazione classica, appassionato di Latino e Greco, cosa che deve avergli facilitato non poco l’approccio a Fulcanelli, e dalla grande ampiezza di vedute cui il suo frenetico (e forse inquieto) viaggiare ha certamente contribuito; un alchimista che ammiro sinceramente ed il cui percorso finora resta pressoché sconosciuto in Italia.

Un caro saluto a tutti i Cercatori

Chemyst

1 Una delle definizioni di Alchimia.

2 Propendiamo per quest’ultima ipotesi: come si evince studiando un po’ più a fondo la biografia di Ferrari (probelma non semplice in quanto egli usava alterare i propri dati biografici), nel 1970 egli era Direttore Artistico ad Amiens: dunque ci appare più verosimile che Laplace fosse a Parigi, probabilmente a casa sua, ascoltando una composizione dell’autore.

3 La nota LA. Di qui in avanti Laplace crea buffi neologismi su aspetti tecnici musicali per descrivere la sua percezione del brano che ascoltava.

4 Si riferisce alle cosiddette ‘alterazioni’ (innalzamento o abbassamento della nota mediante rispettivamente l’uso del diesis # o del bemolle b)

5 Qui accenna alla cosiddetta ‘armatura di chiave’ che, a seconda del numero di diesis e bemolli fissi (in chiave) determinano la tonalità del brano. Si tratta di un gioco di Laplace, in quanto Ferrari in quel periodo scriveva musica atonale.

6 La ‘misura’ è l’indicazione del tempo di un brano.

7 tradotto letteralmente, poiché il punto è un segno musicale che allunga la nota che lo precede di una metà del suo valore originale.

8 il contrappunto è l’essenza dell’arte dell’armonia, letteralmente viene dal Latino ‘punctum contra punctum’ ad indicare due melodie indipendenti che armonizzano fra loro. Si veda peraltro quanto scritto al punto 5.

9 Il diapason, oltre ad indicare la forchetta vibrante usata per accordare gli strumenti o, in medicina, per esplorare le capacità esterocettive del paziente, viene dal greco Dià pason (attraverso tutte le note) ed indica l’intervallo di ottava.

10 La croma è la nota di durata di 1/8

11 la terzina è il raggruppamento di tre note all’interno di un’unità di tempo

12 gioco di parole sulla tonalità di la minore. Ci riporta alla mente alcuni passi di Cyrano de Bergerac, Gli stati del Sole e della Luna.

13 la diafonia è una modalità compositiva medievale analoga in qualche modo al discanto.

14 la polifonia invece è la composizione a più voci, usata per lo più nell’ambito della composizione ‘corale’.

15 gioco di parole sul termine andante, un’indicazione di tempo moderato.

16 pianissimo è, come si intuisce, un’indicazione di dinamica. In poche parole Laplace ha esplorato praticamente tutte le dimensioni (molteplici) di un brano musicale.

17 Si riferisce probabilmente all’identità fra titolo ed ultimo verso, ed anche alla pratica musicale del ‘da capo’ tipica delle ‘Arie’.

18 ‘Petit riens‘ è anche il nome di una danza del 1400, e Mozart stesso compone un Balletto dal titolo ‘Les petits riens‘.

Rorate Caeli desuper

Cari cercatori,

nel continuare, a dispetto dei tempi, ed anche con qualche giorno di ritardo, la nostra tradizione di formulare, in questi giorni di rinnovamento della luce, gli auguri a tutti i cercatori di buon cuore, ci sovviene, per averci di recente meditato su, un passo di Canseliet in “Due Luoghi Alchemici” a proposito della rugiada.

In quel passo Canseliet infatti cita un passo di Isaia, che si canta durante l’Avvento e che precisa di quale rugiada si tratti. Eccolo: “… Lo studioso conosce l’autorità della Tavola di Smeraldo che, secondo padre Athanasio Kircher, racchiude il segreto della medicina universale. Certissimus est, afferma al superlativo l’eminente Gesuita. Molti artisti hanno dato alla rugiada – Rhosis -Forza – più esattamente al sale che se ne trae, il nome di smeraldo dei filosofi. Questo è verde come la gemma di gran valore, ed è per lo stesso motivo di somiglianza sia nel colore sia nella struttura vetrosa, che ha ricevuto anche l’ Appellativo di vitriolo comunemente dato dagli spagiristi al solfato di ferro. Sulla base dell’esperienza positiva, siamo in grado di assicurare che lo spirito universale verde è la materia nascente, allo stato puro, tangibile e facilmente ponderabile, che è quell’oro immaturo spirituale e cristico di cui parlano tutti i veri alchimisti: “Cieli, inviate dall’alto la vostra rugiada: e che le nubi facciano scendere il giusto come pioggia; che la terra sia aperta, e che produca il Salvatore; e che nello stesso tempo nasca la giustizia. Io sono il Signore che l’ha creato“ (Isaia, 45,8).

In realtà, ci sono varie revisioni di questo testo, così come per molti passi biblici, secondo il capriccio episcopale del tempo.

Canseliet non riporta qui il testo latino anche se ce ne fornisce bene il senso, ma eccolo qui:

“Rorate, cæli, desuper, et nubes pluant justum ;

aperiatur terra, et germinet Salvatorem, et justitia oriatur simul :

ego Dominus creavi eum”

Nella liturgia dell’avvento si aggiunge un versetto che suona interessante:

“ Caeli enárrant glóriam Dei: et ópera mánuum eius annúntiat firmaméntum”.

La sua traduzione è: “I cieli narrano la gloria di Dio e il firmamento annuncia l’opera delle sue mani“. Il firmamento, che etimologicamente è qualcosa di fermo (le cosiddette “stelle fisse“), viene usato talvolta come metafora in Alchimia ed è qui descritto come un segno dell’attività divina, forse proprio per la presenza delle stelle. Il primo verso (Rorate etc.) compare poi anche in una preghiera del Liber Usualis.

Tornando al versetto di Isaia, il secondo rigo recita testualmente “et nubes pluant iustum”, tradotto sempre con “giustizia“, anche nella Bibbia di Re Giacomo. Tuttavia, questo termine mi suona come se quella rugiada che piove dei cieli debba essere in quantità giusta (ni mas, ni menos, come nella “pesata poco comune“ del dipinto di Juan de Valdés Lèal alla Santa Caridad di Siviglia).

Canseliet poi, in nota, ci suggerisce di tornare indietro di 43 pagine, all’epigrafe sopra la porta magica:

Secondo l’allievo di Fulcanelli tale epigrafe “precisa lo scopo fisico“ (ovvero l’apertura della terra) “e la conseguenza sociale“ (ovvero la salute del popolo). Ecco, qui magari avrei tradotto “salvezza“.

In musica, nel periodo che più si appassiona e nel quale compositori illuminati hanno tentato di preservare “l’insegnamento iniziatico che avrebbe dovuto conservare“ il testo sacro, troppo spesso e anche di recente rimaneggiato, siamo affezionati al Rorate Caeli desuper di Francisco Guerrero, degno allievo di Cristobal de Morales, a sua volta maestro di scuola franco fiamminga e incluso nel secondo elenco di musici nel nuovo prologo al quarto libro di Pantagruele da parte dell’iniziato Rabelais.

Non sfuggirà ad alcuno, ascoltando il brano ed osservando lo scorrimento delle note, l’andamento ‘dalla terra al cielo’ della melodia, peraltro presente anche nella fonte gregoriana.

’.

Nel mottetto di Guerrero il testo originario è integrato dalle parole del Salmo 85:8 e di Abacuc 2:3:

“Ostende nobis Domine misericordiam tuam et salutare tuum da nobis, veni, Domine, et noli tardare”

Sono inoltre osservate alcune regole del descrittivismo del tempo: le note più acute sono sulle parole ‘desuper’, ‘misericordiam’, ‘salutare’ e, a sottolineare sia la sede dell’invocazione sia la sua drammaticità, la parola ‘veni’; la nota più grave è ovviamente sulla parola ‘terra’.

E’ con questa bella esecuzione, intrisa di misticismo, che auguriamo a tutti un prospero 2023, con “terra grassa e abbondanza di rugiada“.

Chemyst

Musica ed Alchimia del Natale – il blog diventa un libro

Cari amici,

ho raccolto, con i dovuti cambiamenti editoriali, alcuni post sul Natale scritti dal 2009 al 2021. L’ho fatto con titubanza, per diverse ragioni, principalmente però per la consapevolezza di essere ancora all’inizio del mio cammino sulle orme della Dama delle Stelle.

E’ per questo che, prima di sottoporlo alle stampe, l’ho inviato a Marwan, la quale mi ha restituito una lusinghiera prefazione che ho inserito all’inizio del libro con la dicitura (familiare a chi legge i libri di Alchimia) di ‘Nota Liminare’. Per quel che posso dire, tale nota vale da sé la lettura del libro, e solo grazie a quanto ha scritto ho deciso di andare avanti con la pubblicazione.

Successivamente, per la parte musicale, il caro amico fraterno Alessandro Nardin ha benevolmente accettato di scrivere una prefazione, ricca di riferimenti sia musicologici che esoterici.

In questi giorni lo presenterò, per ora le date certe sono:

Chieti, Museo d’Arte ‘Costantino Barbella’, 13 novembre ore 18;

Torino, Libreria Arethusa, 25 novembre ore 18:30;

Torino, Circolo Culturale ‘Il Nunzio’, ore 21.

È un segno – piccolo, come il libro – una testimonianza della fedeltà ad un intento espresso ormai quindici anni orsono, con la speranza di poter essere utile a tutti i Fratelli di questa affascinante Cerca.

Devo essere grato anche all’Editore per aver creduto nel progetto e per aver inserito nel suo catalogo di saggi il mio modesto lavoro: chi non potrà partecipare di persona potrà ordinare il libro a questo link: https://www.edizioniilviandante.it/libri-autori/musica-e-alchimia-del-natale/

Per chi vorrà, dunque, ecco per ora tre occasioni per… guardarsi sorridendo negli occhi.

Chemyst

Venerdì Santo

Dei riti della settimana Santa, quelli legati al Venerdì Santo sono ovunque particolarmente suggestivi. Per la loro celebrazione sono nate, in passato, Confraternite religiose il cui nome includeva sempre il termine “morte“, il colore delle divise era (ed è) il nero, ed il teschio bene o male ricorreva all’ingresso delle loro cappelle, sempre ad accesso riservato ai membri o comunque molto limitato.

Il venerdì, secondo gli evangelisti sinottici, era il giorno in cui fu crocifisso Gesù, ed è da molti, e per molti aspetti, considerato il giorno più buio della Cristianità, quando il popolo eletto uccide il proprio Dio sulla croce.

Esistono peraltro, in questa narrazione, molte valenze simboliche che risultano familiari all’alchimista, e tante similitudini fra esse e molte operazioni di laboratorio. Il repertorio musicale di questo “tempo forte“ della Liturgia è ricchissimo: dalle mie parti il testo più rappresentato è il “Miserere“ (Salmo 50), che associa alla morte di Cristo la preghiera di perdono per quello che forse è stato il delitto più grande dell’umanità.

Fra i più drammatici ed evocativi c’è anche il “Tenebrae factae sunt“, le cui più felici realizzazioni fanno capo a Toma Luìs da Victoria, ma che hai spirato molti grandi, Gesualdo da Venosa fra gli altri, ma anche Marco Antonio Ingegneri, Giovanni Croce, Orlando di Lasso.

La resa musicale di da Victoria è intensa, d’altronde il testo è molto suggestivo:

Tenebrae factae sunt,

dum crucifixissent Iesum Iudaei:

et circa horam nonam

exclamavit Iesus voce magna:

“Deus meus, ut quid me dereliquisti?”

Et inclinato capite,

emisit spiritum.

Exclamans Iesus voce magna,

ait: “Pater,

in manus tuas commendo spiritum meum”.

Et, inclinato capite,

emisit spiritum.

Alternato al già citato Miserere, c’è poi “Asperges me Domine“, (qui in una dolcissima versione di Loyset Compére) in cui si “usa“ l’issopo a scopo purificatorio, e che ha un ulteriore legame con la Pasqua in riferimento alla strage dei primogeniti egizi, quando l’angelo della morte “passò oltre“ (possibile origine del termine Pasqua) le case segnate con il sangue dell’agnello su montanti ed architrave delle porte, mediante la sua immersione nel sangue degli Agnelli uccisi ed usato come una sorta di pennello. L’issopo era generalmente usato in tutte le cerimonie di purificazione.

A proposito dell’Agnello, altro importante simbolo alchemico e pasquale, esso è in qualche modo legato alla data mobile della Pasqua: quest’ultima è fissata nella prima domenica successiva al primo plenilunio dopo l’Equinozio di Primavera. E l’Equinozio di Primavera è intorno al 21 marzo, quando il Sole entra in Ariete, il quale può essere considerato come il Padre dell’Agnello. Molte dunque sono le interconnessioni fra alchimia, astronomia e lo stesso simbolismo religioso…

Dunque in questa cupa atmosfera domina il colore nero, il colore della putrefazione in alchimia, passaggio obbligato per ogni trasformazione, per ogni tappa del procedimento. E’ lì che agisce il Fuoco Segreto, quello stesso che proprio Gesù è venuto a portare nella terra (Canseliet). Ma l’issopo, simbolo anche di umiltà, produce un effetto sorprendente: recita infatti il primo versetto:

Mi aspergerai con l’issopo, e sarò mondato;

mi laverai e sarò più bianco della neve (letteralmente: “e sarò sbiancato oltre la neve“).

Si passa dunque dal nero della morte e della putrefazione al bianco bianchissimo che ritroviamo attributo del Mercurio Filosofico, in ogni caso è la Luce che si libera delle tenebre…, più chiara.

Chissà, su come farlo ancora una volta troviamo soccorso nei simboli della morte: il suo “caput mortuum“, la “testa morta“ che ritroviamo sulle porte delle Confraternite e che, all’apice del dramma sacro della Crocifissione (dell’Agnello di Dio sulla Croce abbiamo già parlato qui) quando Gesù “inclinato capite, emisit spiritum”.

Forse è proprio così che dobbiamo cercare.

Chemyst

Musica Filosofale

È recente l’uscita di un sorprendente libro, dal titolo ‘Piccole annotazioni sulla Musica Filosofale’ , opera di Luigi Polsini, per i tipi di Stanperia del Valentino, a Napoli.

Raffinato polistrumentista ed esperto del repertorio antico storicamente informato, Luigi suona con maestrie le viole da gamba d’ogni periodo, dal Medio Evo fino al Barocco, il liuto, il salterio e svariate percussioni.

Consulente musicale RAI, accanto ad una vasta cultura musicale si dedica da anni a studi filosofici ed esoterici.

È appunto su queste solide basi che poggia la costruzione del suo prezioso libro, nel quale le cognizioni ‘filosofali’ sono evidenziate e spiegate con l’occhio dello storico e del filologo della Musica, e viceversa, i fenomeni musicali sono analizzati e classificati con precisione, utilizzando peraltro un’esposizione di grande semplicità e concretezza tramite la quale il lettore, che sia musicista o filosofo, viene condotto per mano.

In questo libro Luigi Polsini, al di là del titolo che denota la sua benevolente modestia, fa convergere in una visione chiara nozioni tratte dallo scibile esoterico sia orientale che occidentale con le conoscenze profonde dell’Armonia che gli vengono dai suoi approfondimenti – certo non ordinari – della materia musicale e sonora. Sì, anche sonora, poiché egli richiama le necessarie conoscenze di fisica acustica e le integra in un contesto sia musicale sua filosofico con la semplicità che gli deriva dall’applicazione delle sue competenze artistiche e dalle sue capacità di indagine nell’ambito esoterico.

La copertina

Ci ha colpito anche l’immagine di copertina, piena di corrispondenze alchemico musicali, tratta dall’incisione dell’ alchimista, musico ed editore Jacques de Senlecque II, oggetto attuale dei nostri studi, ripreso nella sua metà destra, nella quale domina la figura di Ermete Trismegisto e che reca la scritta ‘

HARMONIA

sancta, spirituum

malignorum fuga,

seu (simbolo di Saturno) intemperiei

Medicina est.

(ARMONIA santa, è la fuga degli spiriti maligni, ovvero la Medicina all’intemperanza di Saturno)

In un formato tascabile ma editorialmente ben curato, questo libro rappresenta uno strumento valido di conoscenza per chi, come chi scrive, da sempre si occupa dei rapporti fra l’Alchimia (non a caso detta Arte di Musica) e la Musica. Una chiave, insomma, e le chiavi, in alchimia come in musica, sono fondamentali.

Buona lettura!

Chemyst