Jean Laplace: una biografia

Esce in questi giorni un articolo di Luca Dragani sulla rivista Bérénice che ricostruisce, sulla base di scarse notizie sparse qui e là in alcuni libri, una biografia possibile di Jean Laplace.

La copertina della rivista ‘Bérénice’

Al di là della possibilità concreta – come onestamente indicato dall’autore – di poter integrare quanto scritto, l’importanza (sancita da una lusinghiera presentazione da parte del board nell’editoriale della rivista) è quella di poter disporre di una prima linea biografica, indagata su autentiche fonti e non (o non soltanto) su leggende o dicerie.

Un estratto dall’Editoriale della rivista Bérénice

È presentata come una “prima ricognizione”italiana, ed è senz’altro vero, ma non ci risulta ne esista ancora una in francese.

Un aspetto originale dello studio è stato il correlare alcune testimonianze scritte con fatti documentabili da fonti disparate, quali la data e il luogo delle sue Hermetiques Ballades, o piccoli segnali disseminati in alcune sue pubblicazioni, in particolare l’Index Canseliet.

Per il reperimento delle fonti l’autore ha attinto alla propria biblioteca, ma si è avvalso anche della preziosa collaborazione di un autore francese, Jean Artero, generosamente prodigo nel fornire copia delle proprie fonti dirette, oltre al poter consultare online il suo blog tenuto con Archer, unico sito web francese (dedicato a Julien Champagne) in cui è possibile reperire qualche informazione su Laplace.

La prima pagina, contenente l’abstract dell’articolo

Anche testimonianze di chi lo ha conosciuto hanno contribuito a definire meglio questo singolare Figlio di Ermete.

Naturalmente, mancano dei tasselli che rendono alcuni aspetti della vita di questo a suo modo straordinario alchimista misteriosi ed intriganti.

Il suo progressivo allontanarsi da “scenari“ affollati fino all’isolamento degli ultimi giorni, sul quale l’autore volutamente tace, rendono l’idea del fatto che Laplace abbia raggiunto un risultato, in termini alchemici, talmente avanzato da non poter essere condiviso neppure con gli amici ed i compagni di viaggio più stretti, come persino Paolo Lucarelli, il quale fu molto addolorato di non aver avuto più sue notizie, e costernato nell’ apprendere della sua prematura dipartita (fonte: Marwān).

Su quanto riportato (e anche su quanto non riportato) si potrà liberamente discorrere e anche – pacatamente – discutere, senza poter travalicare alcuni limiti che ci sono imposti dal rispetto della memoria di Jean Laplace.

Convinto che curiosamente ci osservi dal suo Locus Amoenus, mi auguro sia lieto del perpetuarsi in questa Manifestazione del suo ricordo.

Buona lettura, per chi vorrà.

Chemyst

Il Drago e la Principessa

Cari Cercatori,

sempre più di rado ci viene data la possibilità di parlare di Alchimia e di incontrare chi davvero la pratichi.

È questo il caso di Marwān, al secolo Fiorella Negro, autrice fra l’altro de ‘Il Drago e la Principessa’ per la casa editrice Jouvence.

Il libro è uscito nel 2022 ed è un volume di oltre 400 pagine, ricco di riferimenti pittorici e di note e didascalie, ognuno dei quali può essere ulteriore spunto di ricerca per i più curiosi (e gli alchimisti lo sono).

Di seguito la locandina diffusa online mediante la pagina Facebook ‘L’Arte del Fuoco’, che contiene, oltre ad informazioni su data e luogo, anche note bio-bibliografiche sull’Autrice.

La locandina dell’evento

Per chi volesse, uno sguardo autobiografico di Marwān sull’Arte è oggetto della precedente pubblicazione ‘L’Arte del Fuoco’ del 2019, sempre per Jouvence.

La lettura de ‘Il Drago e la Principessa’ è invece un’avventura caleidoscopica che coinvolge il lettore in un viaggio affascinante fra arte e simbolo, nel quale l’Autrice, con il riferimento tematico del titolo quale barra del timone, ci guida con metodo rigorosamente scientifico, poggiato su una solidissima e ricchissima bibliografia, attraverso pittura e arte in generale da cui estrae puntualmente insegnamenti preziosi che correla a passi dalla sterminata bibliografia alchemica, che evidentemente conosce e maneggia con disinvoltura.

Un passo dal capitolo La Saggezza del Serpente

Accanto a tanta ricchezza, frammisti ad essa, squarci improvvisi di amore per la Natura, con la quale Fiorella intrattiene da sempre un rapporto privilegiato e che ci narra con gioia infantile eppure con una profondità di sentimento che stupisce e che accende nel cuore del lettore quasi una nostalgia e un richiamo per quella dimensione trascendente e metafisica che è essenziale in Alchimia, che rimanda a quella ‘Forza forte di ogni forza’ che Dante c’insegna ‘move ‘l sol e l’altre stelle’, un misto di Amore incondizionato e di Abbandono.

Chi ne abbia la possibilità, non trascuri l’occasione: il 25 febbraio alle 17:30 a Bologna, Royal Hotel Carlton.

Chemyst

Divagazioni sparse d’estate

Cari Cercatori, Sognatori & Appassionati,

sarà il caldo? L’ultima volta che ho usato questa espressione era un pretesto per un’analisi un po’ visionaria dello Scherzo di Monteverdi ‘Damigella tutta bella‘ dal Libro X. Che poi, forse, apprendendo quanto addentro fosse il più autorevole compositore del Seicento nella materia alchemica, tanto visionario non era.

Stavolta no, e forse anche la risposta alla domanda è la medesima: no. Perdonatemi, sarò vago volutamente, e chiedo scusa a coloro che stanno seguendo con interesse i piccoli sentieri che ho trovato giocando con luci e suoni, e prometto che – passato il caldo – ci torneremo, assieme.

La risposta dunque è no perché il ‘problema‘ non è contingente, ma viene da lontano, fossi in ospedale direi che è ‘cronico’. Si è anche accentuato a causa di quanti – chi più, chi meno – sono risultati colpiti o danneggiati dalla pandemia da Coronavirus II o, come tecnicamente si chiama, SARS COV2, più ‘popolarmente chiamato Covid 19. Con la voglia di dimenticare le sofferenze, le perdite dei propri cari, ma anche le ‘insofferenze’ a misure di salute pubblica, si sono infatti generati mostri (chi diceva ‘Il sonno della ragione genera mostri’?, ah sì, Goya) immaginari quali scienziati pazzi al soldo di gruppi segreti allo scopo di imporre nuovi ordini mondiali… Se prima c’era comunque chi cercava colpe in ‘circoli occulti’ o in immaginifiche sedi di potere, dopo la pandemia sono cresciuti in misura esponenziale, esattamente come fanno le infezioni virali.

Peccato per il risultato finale (il Nuovo Ordine Mondiale o baggianate similari), mi verrebbe da dire, visto che un po’ matti lo siamo anche noi, con i nostri sogni benedetti di guarire il mondo o la materia con poche, semplici operazioni che conduciamo in segreto. Per fortuna ognuno per proprio conto, quindi non ‘al servizio di‘ chicchessia. E i piccoli segreti che in laboratorio Natura elargisce (ai meritevoli? ai costanti? ai benvoluti?) si proteggono da soli, perché raccontarli a chi non è arrivato fin lì è come parlare a un sordo, oppure a uno straniero. Né esistono chiavi (tantomeno conclavi) che possano imporre di divulgarli, men che meno utilizzarli a scopi che – per fortuna – non riesco neppure a concepire.

Certo, anch’io sarei riservato se sapessi allestire una bomba H sul fornello di casa“, si legge – cito a memoria – ne ‘Il Mattino dei Maghi’ che tutti abbiamo in biblioteca. Aggiungerei che neppure ci interessa costruire una bomba H… può certo capitare di far esplodere un crogiolo, , di solito avviene per contaminazione in alcune operazioni preliminari, ma altrettanto spesso l’incidente (spettacolare? spaventoso?) resta confinato all’interno del proprio forno. Un po’ di accortezza, e non si ripeterà… non dovrebbe. In fondo, l’Alchimista resta un uomo, a meno di trasformazioni profonde in prossimità del ‘Donum Dei’, quindi pur sempre capace di sbagliare, di non vedere, di… soffrire il caldo. Non è difficile accorgersene, leggendo cosa scrive in pomeriggi assolati o in notti insonni per i più disparati ( e umani) motivi. In Laboratorio si è sempre soli, e quando c’è qualcuno, di solito (si te Fata vocant) è un benevolo angelo custode.

“Terribilis est locus iste!”… ma qualche musico accorto del passato professa un più mite “Vere locus iste sanctus est“.

Buen Camino, a tutti, ma proprio a tutti.

Chemyst

La definizione di Alchimia

Fra i numerosi debiti di riconoscenza che devo a un vero Fratello in Ermete d’oltralpe, Jean Artero, annovero anche questo testo di Eugène Canseliet, pubblicato nel 1993 da Jean Laplace sulla sua collana “Le Curieux de Nature” – Petite encyclopédie des études Philosophiques, Volume I Fascicule 4, Basilea, Jean Laplace éditeur, 1993. Successivamente Sylvaine Canseliet lo includerà nel volume “Alchimie. Nouvelle études diverses sur la Discipline alchimique e le Sacré hermétique”, Paris, 2007, Guy Trédaniel, pp. 37 – 42.

E’ un testo apparentemente divulgativo, ma un Maestro come Canseliet che ha dedicato la vita alla diffusione della Scienza Sacra non cessa di dispensare insegnamenti che nel tempo si riveleranno portatori di sorprese anche per cercatori esperti.

Ho voluto quindi proporre una mia, probabilmente imperfetta, traduzione di questo articolo, poiché è pieno di piccoli tesori preziosi, alcuni dei quali ho messo in evidenza.

“L’Alchimia è, spiritualmente, la volontà di elevazione, di progresso costante e, fisicamente, l’estrazione del succo, del sapore1; essa soddisfa il bisogno della speculazione, dell’esperienza per le aspirazioni dello spirito e della materia. Il desiderio della ricerca alchemica risponde a uno stato di coscienza, che scorre, per l’uomo, dal fenomeno d’armonia che può stabilirsi fra il ritmo della sua anima e quello dell’anima universale. In questo modo la creatura può sfuggire alla sfera limitata, oh così ingannevole, dell’individuo e della sua collettività.

Caduta nell’oblio, calunniata, relegata a livello della stregoneria, l’Alchimia pone di nuovo i suoi problemi eterni e trova un pubblico continuamente accresciuto. Essa appare come un fattore di pacificazione dell’inquietudine generale, un atto di fede per il pensiero, una fonte di Scienza.

L’alchimista si applica soprattutto2 alla realizzazione della Grande Opera, che si sviluppa sui due piani spirituale e fisico, ed ha come scopo la scoperta della medicina universale o della Pietra Filosofale. Fondata sulla disciplina di una filosofia molto rigorosa, le operazioni della Grande Opera si svolgono nel laboratorio, dove appaiono molto simili a quelle della chimica. Nondimeno le differenzia qualcosa che può essere qualificata come magia naturale e che riposa scientificamente sul rispetto delle condizioni esteriori e cosmiche3. E’ così che i materiali che occorrono alle operazioni alchemiche subiscono preliminarmente una lunga e minuziosa preparazione. E’ importante infatti che le sostanze si presentino pure quanto possibile per il momento della loro messa in opera, e l’alchimista si applica a rimanere in contatto con esse, intervenendo con tutta la forza del suo essere.

L’athanor, che etimologicamente significa privo di morte4, è il forno segreto dell’alchimista. Esattamente l’athanor sviluppa e trattiene il fuoco nascosto che deve essere nutrito con il fuoco elementare, cioè quello che alimenta, all’esterno, il gas o il carbone. Questo fuoco segreto o sale nitro5 raccolto dalla rugiada6 è molto verosimilmente l’anima del mondo, e l’agente di tutte le meravigliose metamorfosi alle quali dà luogo la sovrumana creazione della Grande Opera. È il cuore della creazione alchemica ed è trattenuto al centro del mercurio dove la virtù vegetativa è esuberante. Esso è anche raffigurato a volte come il serpente, altre volte con la conchiglia di San Giacomo. È un punto capitale7 della scienza che non è trasmesso se non da bocca a orecchio.

Fig. 1: Mutus Liber, IV Planche

Il matraccio o l’uovo dei filosofi è incubato progressivamente, in una graduazione ponderabile, colorata e sonora che ha fatto anche designare la Grande Opera con l’espressione di Arte di Musica8. All’inizio dell’opera, l’uovo è ugualmente il simbolo della materia prima che è brutalmente aperta per mezzo della spada. Allo stesso modo, gli Antichi volevano che fosse un’agricoltura celeste il loro lavoro sulla materia, che rappresentarono sovente tramite una quercia vecchia e cava. Dalle caverne della montagna di Ermete, estratto il dragone al quale l’aria o il vento apporterà le ali della volatilità. Questo linguaggio, al tempo stesso chimico e mitologico, è quello dell’antica Torre di Babele che apparentemente affonda nel cielo e nella terra.

Fig. 2: Michael Maier, Atalanta Fugiens, Emblema VIII

Sotto i geroglifici del sale e del leone, lo zolfo è sublimato per gradi, nella sua corsa sullo zodiaco dei pianeti. Il globo terrestre nutre dal proprio seno questo zolfo che i vecchi alchimisti chiamavano l’infante chimico, e di cui un antico precetto ci rivela che “il vento l’ha portato nel suo ventre”. La salamandra gli insuffla la vita, poiché rimane il simbolo del fuoco segreto che illustra scientificamente il fluido igneo del centro della terra. Il dragone che si erge fra il sole e la luna, sotto gli occhi del maschio e della femmina non svela il pericolo che costituisce l’esplosione del potere illimitato della materia senza tutta la saggezza richiesta?9

Fig. 3: Michael Maier, Atalanta Fugiens, Emblema I

La Mandragora, la Mano di Gloria, il giro di mano o di forza senza il quale non può essere ammaestrato il mostro che raffigura il minerale; per fuggirlo, il nostro minerale mondato s’è messo sotto la protezione degli Alchimisti, con il sole e la luna filosofici ancora nella loro infanzia. All’inizio, l’incontro delle due materie primordiali è violento, ed esso raffigura il famoso combattimento del Cavaliere e del dragone e che si calma dopo quando si affrontano gli zolfi simbolici tramite i due leoni. Saturno10 divora suo figlio, prima che il re-sole e la regina-luna della Grande Opera si preparino per l’imeneo indissolubile. Proprio prima che essi entrino assieme nel talamo nuziale, la purificazione è necessaria. La generazione in un primo tempo, ha luogo nell’acqua di una caverna e finisce sulla terra alla luce del giorno.

Fig. 4: il Combattimento delle Due Nature, dall’Aurora Consurgens11

Dall’unione senza macchia delle due nature, nasce l’ermafrodito, cioè l’uomo nuovo, tornato allo stato di perfezione e di felicità totale che era quello del quale godeva nella prima era del mondo. L’ermafroditismo non è raggiunto che con la prova infernale che, in alchimia, è esclusivamente quella del fuoco. C’è un’impossibilità fisiologica sul piano ordinario dell’umano che esprime nell’opera alchemica l’unione inseparabile che è quella dello zolfo e del mercurio filosofici12. La loro associazione intima e radicale si persegue nelle fiamme più vive in un recinto che conforta l’ermafrodito, e che seguirà un lungo periodo di putrefazione in seno al matraccio. E’ la fase oscura della Grande Opera, quella delle ombre cimmerie, quella del nero più nero della notte, da cui sortirà la splendente Luce.

La morte che è sempre accompagnata dalla putrefazione, dalla dissoluzione fisica, non è che il preludio alla nascita di una nuova vita.

Ciò che personifica il piccolo re13 coronato, in tutta la sua gloria, è il puro del puro, la porpora, il carbonchio degli Adepti e, sotto il suo nome più conosciuto,

la Pietra Filosofale.”

Non posso lasciarvi senza alcuna notazione musicale: poiché di Rugiada si è parlato, restiamo in tema…

A tutti i cercatori sinceri, in particolare a chi inizia o a chi si sente smarrito, buona cerca!

Chemyst

NOTE

1Saveur ha la stessa etimologia di savant; allo stesso modo in Italiano sapore e sapiente.

2Ma non solo: il perseguimento della conoscenza, del benessere fisico ed economico non sono l’unico scopo dell’Alchimia.

3Si veda in proposito l’apposito capitolo in E. Canseliet, l’Alchimia spiegata sui suoi testi classici, Roma, 1972, Mediterranee.

4In Francese pure si pronuncia esattamente come in Greco pur (Fuoco).

5Nell’originale sel nitre: non ci inganni la somiglianza con l’italiano salnitro, che in francese è invece salpetre; piuttosto si rifletta sulla pronuncia del francese sel, identica a scelle (sigillo): dunque qui Canseliet sta alludendo ad un sigillo che il nitro (comunque un sale) può aprire, come una chiave. I sali, in alchimia, sono effettivamente raffigurati come chiavi.

6Qui Canseliet è al tempo stesso generoso ed ‘invidioso’: bisogna infatti intendere di quale rugiada si stia parlando.

7Un piccolo suggerimento,da parte di Canseliet.

8Qui Canseliet fa un notevole salto in avanti e ci porta in Terza Opera, nella ‘Grand Coction’ di cui parla nell’apposito capitolo dell’Alchimia spiegata… op. cit. Soffermiamoci sui termini ‘ponderabile’, legato all’aumento di peso della materia, ‘colorato’ come lo stesso Canseliet constatò durante la rottura del proprio uovo filosofico nel gennaio 1938, e ‘sonora’ poiché, come racconta lui stesso, ogni 24 ore la materia produceva un suono disposto lungo una scala cromatica, stavolta in senso musicale.

9Il riferimento di Canseliet è all’energia atomica, indubbiamente di notevole forza, ma che per gli Alchimisti è ottenuta ‘per artem diabolicam’

10Saturno è il pianeta associato al Piombo, tuttavia gli Alchimisti parlano di Piombo ‘filosofico’, che non corrisponde al metallo citato. Artefio avverte che in realtà la materia di cui si parla è ‘della progenie di Saturno’.

11http://www.e-codices.unifr.ch/fr/zbz/Ms-Rh-0172/11r-23/0/

12Qui l’Autore ribadisce il piano eminentemente metafisico delle operazioni filosofiche.

13Altro piccolo indizio seminato da Canseliet il quale, come da Tradizione, non può rivelare il nome del Soggetto minerale. ‘Piccolo re’ in latino si traduce con Regulus.

Rorate Caeli desuper

Cari cercatori,

nel continuare, a dispetto dei tempi, ed anche con qualche giorno di ritardo, la nostra tradizione di formulare, in questi giorni di rinnovamento della luce, gli auguri a tutti i cercatori di buon cuore, ci sovviene, per averci di recente meditato su, un passo di Canseliet in “Due Luoghi Alchemici” a proposito della rugiada.

In quel passo Canseliet infatti cita un passo di Isaia, che si canta durante l’Avvento e che precisa di quale rugiada si tratti. Eccolo: “… Lo studioso conosce l’autorità della Tavola di Smeraldo che, secondo padre Athanasio Kircher, racchiude il segreto della medicina universale. Certissimus est, afferma al superlativo l’eminente Gesuita. Molti artisti hanno dato alla rugiada – Rhosis -Forza – più esattamente al sale che se ne trae, il nome di smeraldo dei filosofi. Questo è verde come la gemma di gran valore, ed è per lo stesso motivo di somiglianza sia nel colore sia nella struttura vetrosa, che ha ricevuto anche l’ Appellativo di vitriolo comunemente dato dagli spagiristi al solfato di ferro. Sulla base dell’esperienza positiva, siamo in grado di assicurare che lo spirito universale verde è la materia nascente, allo stato puro, tangibile e facilmente ponderabile, che è quell’oro immaturo spirituale e cristico di cui parlano tutti i veri alchimisti: “Cieli, inviate dall’alto la vostra rugiada: e che le nubi facciano scendere il giusto come pioggia; che la terra sia aperta, e che produca il Salvatore; e che nello stesso tempo nasca la giustizia. Io sono il Signore che l’ha creato“ (Isaia, 45,8).

In realtà, ci sono varie revisioni di questo testo, così come per molti passi biblici, secondo il capriccio episcopale del tempo.

Canseliet non riporta qui il testo latino anche se ce ne fornisce bene il senso, ma eccolo qui:

“Rorate, cæli, desuper, et nubes pluant justum ;

aperiatur terra, et germinet Salvatorem, et justitia oriatur simul :

ego Dominus creavi eum”

Nella liturgia dell’avvento si aggiunge un versetto che suona interessante:

“ Caeli enárrant glóriam Dei: et ópera mánuum eius annúntiat firmaméntum”.

La sua traduzione è: “I cieli narrano la gloria di Dio e il firmamento annuncia l’opera delle sue mani“. Il firmamento, che etimologicamente è qualcosa di fermo (le cosiddette “stelle fisse“), viene usato talvolta come metafora in Alchimia ed è qui descritto come un segno dell’attività divina, forse proprio per la presenza delle stelle. Il primo verso (Rorate etc.) compare poi anche in una preghiera del Liber Usualis.

Tornando al versetto di Isaia, il secondo rigo recita testualmente “et nubes pluant iustum”, tradotto sempre con “giustizia“, anche nella Bibbia di Re Giacomo. Tuttavia, questo termine mi suona come se quella rugiada che piove dei cieli debba essere in quantità giusta (ni mas, ni menos, come nella “pesata poco comune“ del dipinto di Juan de Valdés Lèal alla Santa Caridad di Siviglia).

Canseliet poi, in nota, ci suggerisce di tornare indietro di 43 pagine, all’epigrafe sopra la porta magica:

Secondo l’allievo di Fulcanelli tale epigrafe “precisa lo scopo fisico“ (ovvero l’apertura della terra) “e la conseguenza sociale“ (ovvero la salute del popolo). Ecco, qui magari avrei tradotto “salvezza“.

In musica, nel periodo che più si appassiona e nel quale compositori illuminati hanno tentato di preservare “l’insegnamento iniziatico che avrebbe dovuto conservare“ il testo sacro, troppo spesso e anche di recente rimaneggiato, siamo affezionati al Rorate Caeli desuper di Francisco Guerrero, degno allievo di Cristobal de Morales, a sua volta maestro di scuola franco fiamminga e incluso nel secondo elenco di musici nel nuovo prologo al quarto libro di Pantagruele da parte dell’iniziato Rabelais.

Non sfuggirà ad alcuno, ascoltando il brano ed osservando lo scorrimento delle note, l’andamento ‘dalla terra al cielo’ della melodia, peraltro presente anche nella fonte gregoriana.

’.

Nel mottetto di Guerrero il testo originario è integrato dalle parole del Salmo 85:8 e di Abacuc 2:3:

“Ostende nobis Domine misericordiam tuam et salutare tuum da nobis, veni, Domine, et noli tardare”

Sono inoltre osservate alcune regole del descrittivismo del tempo: le note più acute sono sulle parole ‘desuper’, ‘misericordiam’, ‘salutare’ e, a sottolineare sia la sede dell’invocazione sia la sua drammaticità, la parola ‘veni’; la nota più grave è ovviamente sulla parola ‘terra’.

E’ con questa bella esecuzione, intrisa di misticismo, che auguriamo a tutti un prospero 2023, con “terra grassa e abbondanza di rugiada“.

Chemyst

Un anno di Luce si approssima… di nuovo

Carissimi Amici, Compagni e Fratelli,

ancora una volta è Natale. Ancora una volta, con la luce obliqua (bellissima) del solstizio d’inverno, si riflette, si ricorda l’anno trascorso, si guarda al venturo, con trepidazione e speranza misti a timore.

Non è il momento, questo, di recriminare sugli errori che certa umanità allo sbando persevera nel commettere con la pandemia (anche se di cose da dire ne avrei, e molte…), rendendosi responsabile di tanti morti e tanti futuri invalidi, e alla soglia di un molto prossimo, ulteriore periodo di lavoro in un reparto Covid per cui non posso che ringraziare la medesima, sconsiderata ed ignorante fetta di umanità di cui sopra.

Posso però, ancora una volta, cercare nella musica che ci scalda comunque il cuore durante il Natale qualche piccolo seme di saggezza che molti, tanti, troppi amici cari hanno smarrito, forse per paura, forse per troppo amore, forse semplicemente per quello che nella canzone che vi sottopongo, viene definito ‘Satan’s power‘.

Fra l’altro rileggo, in questi giorni, il bel libro di Tolkien ‘Il Silmarillion‘, i cui eroi sono, per antico errore, destinati alla rovina a dispetto della loro integrità e del loro valore. Fra di essi, mi riconosco in due, Maglor, figlio di Feanor, ed Echtelion, signore delle Fontane di Gondolin, entrambi musici ed entrambi fedeli, contro il Male (Morgoth, l’equivalente tolkieniano del ‘Satan’s power’), a costo della vita.

Ma torniamo al canto: si tratta di ‘God rest you merry gentlemen‘, il cui testo è il seguente:

God rest ye merry, gentlemen,
Let nothing you dismay
Remember Christ our Saviour
Was born on Christmas Day
To save us all from Satan’s power
When we were gone astray.
O tidings of comfort and joy,
comfort and joy;
O tidings of comfort and joy!

“Fear not,” then said the angel
“Let nothing you affright
This day is born a saviour
Of a pure virgin bright
To free all those who trust in him
From Satan’s pow’r and might”
O tidings of comfort and joy,
comfort and joy;
O tidings of comfort and joy!

The shepherds at those tidings
Rejoiced much in mind,
And left their flocks a-feeding
In tempest, storm and wind
And went to Bethlehem straightaway
This blessed babe to find
O tidings of comfort and joy,
comfort and joy;
O tidings of comfort and joy!

But when to Bethlehem they came
Whereat this infant lay
They found him in a manger
Where oxen feed on hay
His mother Mary kneeling
Unto the Lord did pray
O tidings of comfort and joy,
comfort and joy;
O tidings of comfort and joy!

Now to the Lord sing praises
All you within this place
And with true love and brotherhood
Each other now embrace
This holy tide of Christmas
All others doth deface
O tidings of comfort and joy,
comfort and joy;
O tidings of comfort and joy!

Nel web circolano varie traduzioni e qualche fraintendimento, su cui mi piace giocare un po’. Partiamo dall’inizio, da ‘God rest you merry gentlemen’: troviamo spesso una virgola dopo ‘merry’, e la traduzione fantasiosamente diviene ‘Dio vi faccia riposare felici’ o variazioni simili, che suonano tra l’altro un po’ funebri (riposi in pace…), mentre senza è ‘Dio vi dia pace (o riposo), felici gentiluomini’. mi piacciono le traduzioni letterali, lo sapete… e ‘gentlemen’ sono tentato di tradurlo come ‘uomini gentili’, e felici e gentili dovremmo tutti essere, a Natale e non solo.

Merry poi – lasciatemi divagare un po’ – è anche il diminutivo di Meriadoc Brandibuck ne ‘Il Signore degli Anelli’, un giovane campagnolo e scanzonato che assieme ad altri tre piccoli Hobbit trasformerà il mondo e contribuirà a far sparire, per un lungo periodo, le Ombre del Male dalla Terra di Mezzo.

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Ce lo ricorda Lucarelli: ‘Tutto, in Alchimia, dev’essere serietà, senno, benefizio e giubilo’. Bisogna essere… ‘merry’.

Let nothing you dismay‘ è augurio sintonico, ‘che nulla ti sgomenti‘, e prosegue con un ammonimento: ‘Ricorda che Cristo nostro Salvatore è nato il giorno di Natale per salvare tutti noi dalla potenza di Satana quando ci smarriamo‘, e già un qualche timore si insinua, sentendo parlare della ‘Potenza di Satana‘, un pericolo molto reale e che tendiamo a dimenticare. Ci risolleva però il morale il ‘refrain‘ che recita ‘O notizie di conforto e gioia!‘. Confortante e gioioso, certamente, ma quell’accenno al potere di Satana ci ricorda qualcosa, scritto anche nella nota più letta e riletta di Paolo Lucarelli al ‘Mistero delle Cattedrali di Fulcanelli, quando elenca i termini che designano la tanto agognata Materia Prima: ‘Satana, drago scaglioso, eccetera…‘.

Forse è un accostamento ardito, ma in fondo anche il nostro drago scaglioso, se dovessimo smarrirci anche per poco lungo la Via, potrebbe manifestare la sua potenza a rischio della nostra salute, mentre con l’aiuto del Salvatore quella potenza, ovvero quel qualcosa presente ‘in potenza‘, può portarci ad avvicinarci alla nostra meta, che un Maestro ha definito ‘la Gerusalemme celeste‘.

Una piccola conferma arriva dalla seconda strofa, dove un Angelo (ovvero un… messaggero alato!) conforta il pastore spaventato dicendogli ‘Non temere, non lasciare che alcunché ti terrorizzi, oggi è nato un salvatore da una vergine immacolata (a pure and bright virgin, una vergine pura e spendente… ancora una volta, come non pensare a quanto, con la sua graffiante ironia sempre Paolo Lucarelli diceva alla Sorbonne ‘occorre una Vergine Immacolata per fare un Figlio di Dio!‘). Il salvatore salverà poi tutti coloro che credono in lui, sempre dal potere di Satana. Un invito valido non solo per i Credenti.

I pastori quindi, infervorati da queste parole, abbandonano le greggi e si recano ‘straightaway‘ verso Betlemme, per trovare il miracoloso infante. Straightaway fa pensare a qualcosa come per la via più rapida, più breve. Lì lo trovano, in un’umile mangiatoia, con accanto la Vergine, il bue che mangia fieno…

L’ultima strofa è un invito a tutti i Fedeli a cantare lodi al Signore ed ad abbracciarsi l’un l’altro con vero amore e fratellanza, mentre gli altri letteralmente saranno deturpati (defaced, privati del volto). Un richiamo, valido anche per chi cerca, a non essere divisi e distanti. La cerca è una, ed è individuale. E’ vero, ma il conforto dei Fratelli è indispensabile.

Un abbraccio a tutti i Cercatori sinceri e di cuore. Buon Natale.

Chemyst

May it be…

Chi non la conosce? Chiunque di noi abbia visto, ed amato, The Lord of Rings, la conosce, dalla bella versione di Enya, la più giovane dei Brennan e sicuramente la più celebre.

Mi è tornata alla mente oggi, forse un link su Facebook, non so, e l’ho cercata su YouTube, trovando la splendida versione dei Voces 8. Ovviamente, mi sono commosso, ancor di più ascoltando e rileggendo il testo:

May it be, an evening star

Shines down upon you

May it be, when darkness falls,

Your heart will be true

You walk a lonely road

Oh, how far are you from home

Believe and you will find your way

A promise lives within you now.

May it be, the shadow’s call

Will fly away

May it be, you journey on

To light the day

When the night is overcome

You may rise to find the sun

Davvero, a volte le scelte solitarie sono obbligate, anche se manca tanto lo sguardo amico di coloro che, fino a poco prima, ti erano accanto.

Frodo fuggì, con il suo fardello immane, con l’anima piena di dubbi. Ebbe due fortune: un amico fedele ed un nemico fedele, e sarà quest’ultimo che lo salverà. Al momento, non ho nemmeno questo…

Meaning Frodo Baggins

La canzone tuttavia contiene, al tempo stesso, una promessa ed una speranza. Chissà…

Ora è il tempo di indossare le cuffie, alzare il volume per la voce sottile, diafana e transdimensionale del soprano di Voces 8 che sublima la forza degli altri sette compagni, in particolare dello splendido, tellurico basso.

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Ognuno di voi saprà trovarvi, oltre alla delizia dei suoni, qualche significato importante.

Bon voyage… con tutto il cuore.

Chemyst

La Primavera che incalza

Cari tutti,

ancora una volta torna, incurante delle tristi vicende che affliggono gli abitanti di questo pianeta, la stagione della Rinascita.

A dire il vero, corre tanto e sembra travolgere i limiti consueti delle stagioni e degli equinozi: se il pesco è sempre precoce, il mandorlo, solitamente più puntuale, è già fiorito.

Poi però si arresta, sembra arretrare sotto quelli che, retoricamente, definiamo ‘gli ultimi colpi del Generale Inverno’. Vivo in una regione verde e dal clima mite, ma questa notte è ghiacciato per strada, e stamattina in Laboratorio ho lavorato ai Sali con 8 gradi Celsius.

Sarebbe dunque necessario scrutare il cielo astronomico in cerca di nuove certezze temporali, non più necessariamente coincidenti con le date conosciute. D’altra parte le effemeridi che utilizziamo sono una specie di ‘convenzione’, ed è anche sotto gli occhi di tutti che le stagioni non sono più equidistanti; azzardo a dire che sono ormai anche variabili da anno ad anno.

Tuttavia, bisogna pur iniziare: un fantastico 21 marzo coinciderebbe con un primo quarto di Luna, e festeggiare con un’operazione al forno sarebbe bello, magari usando le riserve dell’anno passato, avaro (in alcuni luoghi) di sere terse di Luna piena. Ma il cielo è chiuso, e promette ancora gelo.

La questione però resta delicata. Quando entra la Primavera? Zolla dice che per scoprirlo bisogna salire su un monte ed ascoltare, all’alba, il tuono del Sole che entra in Ariete.

Questo sfiora un punto fondamentale, un punto che ci impone di tornare ad uniformarci ai ritmi ed ai segnali della Natura, ma che la vita quotidiana, aggravata dalle restrizioni per la pandemia in corso, ci rende molto difficile.

Già, la pandemia… accumulo dentro di me mille pensieri alla ricerca di un senso a quello che ci accade, e forse a breve potrei condividerle qui. Ma non sono maturi, non sono ancora ‘sensati’. Pure in un mondo cinico come quello che l’uomo avido ha congegnato quale magnifica trappola dorata per se stesso, stride l’impassibile noncuranza della Natura per il dono della vita, forse perché siamo piccoli granelli di nulla in un nulla sconfinato. Noncurante è l’uomo stesso, anche quando informato, negando la propria stessa consapevolezza, nel rendersi veicolo non solo dell’agente mortifero ma anche di disinformazione letale: negare quanto accade e quanto questo incida sulla vita di tutti è criminale.

Ma forse sono pensieri dettati da stanchezza ed esaurimento di speranza…

Tuttavia, difficile che sia, ancora torna Primavera, ed è speranza essa stessa di rinascita, dopo tanta morte.

In ogni caso, a dispetto di date, fatti, piccoli e grandi divergenze, tragiche stragi silenziose negate e piccole gioie nascoste, le nostre fiammelle si accendano, ancora.

Con l’affetto di sempre, comunque

Chemyst

Racconti sonori e d’alchimia

Cari Cercatori,

per chi volesse e potesse, una seconda presentazione del libro di Luca Dragani ‘Racconti sonori e d’alchimia‘ ci sarà in data 24 maggio alle ore 19 presso IBS Center a Pescara in via Teramo 65 (angolo via De Gasperi).

L’incontro sarà moderato dal prof. Massimo del Pizzo, già docente di Letteratura Francese all’Università di Bari e fecondo scrittore di racconti, e vedrà la partecipazione dell’editore, Arturo Bernava, titolare delle Edizioni IlViandante.

 

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Ci saranno anche interventi musicali a cura del Dystico Duo, costituito dallo stesso Luca Dragani e da Roberto Torto, con musiche scritte per due flauti dolci.

L’ingresso è libero.

Chemyst

Raccontare l’Alchimia…

Cari Cercatori,

esce in questi giorni, per i tipi de IlViandante, il volume ‘Racconti sonori e d’alchimia‘ di Luca Dragani, composto da sei racconti che potremmo definire ‘fantastorici‘ preceduti da un saggio dal titolo ‘Influssi dell’Alchimia sulla musica del Rinascimento‘ e seguiti da una ‘Admonitio ad Philomusicum‘ come fece a suo tempo Maier per la sua Atalanta Fugiens.

Il saggio illustra alcune delle riflessioni che sono note ai lettori di questo blog, partendo dalle citazioni musicali e testuali presenti in Fulcanelli e Canseliet ed anche nel sorprendente Rabelais con composizioni del periodo Rinascimentale, prevalentemente di area Franco-Fiamminga.

In copertina è riportata la celebre immagine di Jacques de Senlecques che fece da frontespizio al ‘Traité de l’Eau de Vie ou anatomie theorique et pratique di Vin‘ di J. Brouaut, che rappresenta una felice sintesi di simbologie alchemiche e musicali.

I racconti sono tutti, tranne uno, ambientati fra Quattrocento e Seicento, ed i protagonisti, tranne rare eccezioni, sono personaggi realmente esistiti; vengono chiamati con il solo nome per lasciare al Lettore il divertimento di scoprire di chi possa trattarsi.

La musica è presente con gli incipit delle composizioni citate, così che i musicisti saranno in grado di ricostruire a mente le atmosfere ‘sonore’ di ciò che accade nella narrazione. C’è anche, qua e là, sparso qualche riferimento alchemico e non solo, ed anche qui qualche lettore che ne possieda la chiave di lettura potrà riconoscerlo.

In ogni caso, avverte l’Autore in coda al saggio, l’intenzione non è quella di insegnare (non ci sono maestri in Alchimia) ma quella soltanto di offrire ‘il frutto di una curiosa osservazione dal duplice punto di vista di un musicista che guarda l’Alchimia e di un alchimista che guarda la Musica con stupore, meraviglia e una buona dose di divertimento‘.

È prevista una prima presentazione il prossimo 7 aprile, Luna Nuova da pochissimo, a Chieti presso il Museo Universitario sito in Viale IV Novembre, dalle ore 17:00. Saranno presenti l’autore assieme all”editore Arturo Bernava e a due musicisti del Fairy Consort, Luca Matani, violino e Antonio Larcinese, tiorba.

Una felice occasione di incontro.

A presto dunque,

Chemyst