Racconti sonori e d’alchimia

Cari Cercatori,

per chi volesse e potesse, una seconda presentazione del libro di Luca Dragani ‘Racconti sonori e d’alchimia‘ ci sarà in data 24 maggio alle ore 19 presso IBS Center a Pescara in via Teramo 65 (angolo via De Gasperi).

L’incontro sarà moderato dal prof. Massimo del Pizzo, già docente di Letteratura Francese all’Università di Bari e fecondo scrittore di racconti, e vedrà la partecipazione dell’editore, Arturo Bernava, titolare delle Edizioni IlViandante.

 

IMG_3855

Ci saranno anche interventi musicali a cura del Dystico Duo, costituito dallo stesso Luca Dragani e da Roberto Torto, con musiche scritte per due flauti dolci.

L’ingresso è libero.

Chemyst

Raccontare l’Alchimia…

Cari Cercatori,

esce in questi giorni, per i tipi de IlViandante, il volume ‘Racconti sonori e d’alchimia‘ di Luca Dragani, composto da sei racconti che potremmo definire ‘fantastorici‘ preceduti da un saggio dal titolo ‘Influssi dell’Alchimia sulla musica del Rinascimento‘ e seguiti da una ‘Admonitio ad Philomusicum‘ come fece a suo tempo Maier per la sua Atalanta Fugiens.

Il saggio illustra alcune delle riflessioni che sono note ai lettori di questo blog, partendo dalle citazioni musicali e testuali presenti in Fulcanelli e Canseliet ed anche nel sorprendente Rabelais con composizioni del periodo Rinascimentale, prevalentemente di area Franco-Fiamminga.

In copertina è riportata la celebre immagine di Jacques de Senlecques che fece da frontespizio al ‘Traité de l’Eau de Vie ou anatomie theorique et pratique di Vin‘ di J. Brouaut, che rappresenta una felice sintesi di simbologie alchemiche e musicali.

I racconti sono tutti, tranne uno, ambientati fra Quattrocento e Seicento, ed i protagonisti, tranne rare eccezioni, sono personaggi realmente esistiti; vengono chiamati con il solo nome per lasciare al Lettore il divertimento di scoprire di chi possa trattarsi.

La musica è presente con gli incipit delle composizioni citate, così che i musicisti saranno in grado di ricostruire a mente le atmosfere ‘sonore’ di ciò che accade nella narrazione. C’è anche, qua e là, sparso qualche riferimento alchemico e non solo, ed anche qui qualche lettore che ne possieda la chiave di lettura potrà riconoscerlo.

In ogni caso, avverte l’Autore in coda al saggio, l’intenzione non è quella di insegnare (non ci sono maestri in Alchimia) ma quella soltanto di offrire ‘il frutto di una curiosa osservazione dal duplice punto di vista di un musicista che guarda l’Alchimia e di un alchimista che guarda la Musica con stupore, meraviglia e una buona dose di divertimento‘.

È prevista una prima presentazione il prossimo 7 aprile, Luna Nuova da pochissimo, a Chieti presso il Museo Universitario sito in Viale IV Novembre, dalle ore 17:00. Saranno presenti l’autore assieme all”editore Arturo Bernava e a due musicisti del Fairy Consort, Luca Matani, violino e Antonio Larcinese, tiorba.

Una felice occasione di incontro.

A presto dunque,

Chemyst

Considerazioni sul parlar d’Alchimia

Cari Cercatori,

in questi stranissimo tempo mi capita di percepire tanti segni contrastanti.

Da un lato, sento vicini tanti amici che condividono il mio amore per l’Alchimia, di gran parte di essi posso dire di percepire inoltre una profonda sincerità di sentimento, di alcuni di essi posso dire che affiderei loro il mio cuore e la mia vita, e che li considero davvero come Fratelli.

Dall’altro, avverto anch’io come una volontà contraria, un costante ostacolo ai miei sforzi di progredire nello studio che non posso attribuire se non in piccola parte agli anni, o alle contingenze della vita quotidiana, o alle responsabilità del lavoro che mi sostenta.

Se è vero che sorgono qui e là nuove iniziative, nuove occasioni di confronto e di conoscenza, come le conferenze e gli incontri di Alchimia, tutti da parte di validissimi Cercatori, è vero anche che si avverte quasi un’ansia di condivisione, quasi un presentimento che questa difficile Arte possa a breve di nuovo sparire dalla Storia e lasciare spenta quella Fiammella ininterrotta che, riaccesa magistralmente da Fulcanelli, è giunta fino a noi neofiti attraverso Canseliet, Lucarelli, Gratianus ed i suoi ultimi fedeli epigoni.

Ancora di recente ho sentito da un lato un Maestro esporsi generosamente, de visu (ovvero ‘mettendoci la faccia‘), ed esporre delicatissimi e fondamentali punti di dottrina, frutto di un’esperienza di svariati decenni in Laboratorio, e sentirlo porre in dubbio, oppure, peggio ancora, vedere incomprese quelle verità che soltanto lui, con la sua autorevolezza, poteva decidere di divulgare, sulla scia del suo Maestro: parlo di Gratianus, che ho avuto il privilegio di conoscere ed ascoltare a Roma.

Perchè ne parlo solo oggi? Non lo so, oggi ne avverto la necessità, ne ho l’occasione e la forza. Ne sento – anche – il dovere, e mi hanno suggerito di ascoltare sempre questi ‘impulsi del cuore‘. Ho assistito (con molta tristezza e sgomento) alla riapertura di luoghi virtuali un tempo scrigno prezioso di conoscenza e condivisione, ed al contemporaneo riaccendersi di livori e rivalità che nulla possono aver a che vedere con un Amore sorridente e pacifico come quello per la Dama: ancor più triste  è vedere quel medesimo luogo di nuovo abbandonato una volta cessate le ‘ostilità’.

Qualche tempo fa lanciai un grido di dolore verso tutto ciò, qui, più o meno per le medesime ragioni: oggi sono in una condizione diversa, so anche di aver fatto qualcosa contro queste avversità e di aver conseguito qualche buon risultato; so anche di aver fatto qualche ulteriore piccolo passo in avanti, a dispetto delle difficoltà, e sono quindi più sereno rispetto allo scorso ottobre.

Tuttavia, sempre più mi trovo ad esercitare cautela ed a sentirmi in allerta vedendo che tanti, ancora, tentano di condurre azioni indegne verso  cercatori inesperti e verso la stessa conoscenza di quest’Arte sublime. Che bizzarria, e che peccato, quando tutta l’attenzione e di chi cammina su questo Sentiero, dovrebbe essere rivolta verso i tesori e le meraviglie che ogni giorno troviamo nei libri e che presto o tardi verificheremo in Laboratorio! ‘Dov’è Alchimia è Senno, Serietà, Benefizio e Giubilo’: così conclude Paolo Lucarelli la sua Introduzione al Mistero delle Cattedrali!

L’Arte si difende da sola, lo so, non ha bisogno di un piccolo alfiere come me: ma è giocoforza di ogni appassionato essere diviso fra la necessità, sempre più pressante, di riservatezza (che deriva dalla consapevolezza di COSA si stia man mano scoprendo) e la volontà affettuosa di condivisione di che è più indietro.

Capita allora – e un po’ sorrido, un po’ me ne rattristo – di passare da una condizione in cui amorevolmente esser stato rimbrottato per aver ‘detto troppo’a quella in cui avrei ‘detto troppo poco’.  Questo accade, curiosamente, con mezzi differenti da parte di persone differenti: ecco allora, di volta in volta,  che appartengo ad una ‘Scuola’  che non vuole condividere, oppure mi si chiede a che pro scrivere e partecipare se non si vuol rivelare cose che non hanno motivo di essere celate (ah no?), e chi più ne ha più ne metta. 

Oggi sorrido, con una sfumatura di tristezza, e penso di aver sempre cercato di dire qualcosa, consapevole di non essere ancora padrone di un corretto modo di esporre, e di cercarlo – con prudenza – ogni giorno: di più non riesco a fare, non voglio andare oltre quel che mi suggerisce il cuore, e d’altronde non posso offrire più di quanto io abbia ricavato dallo studio, senza averlo ancora verificato con la pratica. Comunque cerco, e quando posso lo faccio con l’aiuto delle mie conoscenze di musica, che spesso i Maestri del passato hanno usato come mezzo per dire  non dicendo, come prescrive la fedeltà a quest’Arte, detta spesso ‘di Musica‘, non a caso.

Ebbene, a coloro che hanno frainteso, o che fraintendono, le mie intenzioni, non posso che continuare ad offrire quanto posso dare a mio modo, confermando il mio intento benevolo e ricordando due cose: quello che dice Valois, ovvero ‘La Pazienza è la scala dei Filosofi, e l’umiltà la porta del loro giardino‘, e quello che mi diceva il mio maestro di Solfeggio: ‘Non sono difficili tanto le note, quanto le pause‘.

E sono importanti anche quelle, nell’Arte di Musica.

Chemyst

Arte di Musica, II Parte: appunti sparsi di viaggio

Cari Amici,

ecco, partendo per un congresso senza, per caso o per disegno, portato con me nè libri nè il PC, tutto mi appare un po’ strano, su questo autobus alle 4 del mattino, anche l’ingresso in autostrada che faccio fatica a riconoscere. Tuttavia, eccomi a scrivere nella incerta luce di cortesia, su un taccuino e con una penna fortuitamente (?) trovati nel borsello.

Sento di dover in qualche modo concludere l’articolo sulla Grand Coction, perchè forse il discorso dell’ottava è importante.  Dal mio punto di vista, ancora al di fuori del Laboratorio e lontanissimo quindi dalla Terza Opera, si tratta di mera speculazione. Tuttavia le scale di sette note, per quanto evocative di riferimenti esoterici ed alchemici plurimi (i sette metalli, i sette giorni dell’Hebdomada Hebdomadum, i sette pianeti ecc. ecc.) termina su una nota cosiddetta ‘sensibile‘ che anela, al nostro orecchio occidentale e moderno, a ‘risolvere‘ sulla nota seguente, ovvero sulla nota che sta un’ottava sopra a quella iniziale, detta ‘fondamentale‘ o ‘tonica‘.

Fatto il check-in, attendo… Al di là delle considerazioni musicali (che però penso siano importanti: terminare una scala, sia pure scandita ad intervalli di ore o giorni, sulla sensibile lascia un senso di attesa, di incompletezza… ), qualche velata, velatissima indicazione di un ottavo suono qua e là si trova.  I sette capotasti sulle sette corde della viola dell’immagine di Senlecques (vedi Parte I) sono uno di questi indizi: non tanto per le sette corde, che nella figura fanno ‘pendant‘ con le sette canne d’organo, i sette libri, i sette composti, ma i sette capotasti significano inquivocabilmente otto note, in quanto la corda risuona anche ‘a vuoto’; ciò significa che con la corda vuota e poi, via via, apponendo le dita su ogni capotasto si genera un suono più acuto. A questo punto, però, sorge un problema grosso: i capotasti nella viola da gamba innalzano la nota di un semitono, e non di un tono o di un grado di scala. Quella che si otterrebbe, quindi, è una scala cromatica.

Splendor Solis: in basso a destra c'è un organo positivo con tastiera cromatica

E’ curioso che Canseliet nel suo capitolo sulla Grande Cottura in Alchimia 2, nel ricordare il suo precedente, fallace tentativo del gennaio 1938, descrivendo l’accaduto parli di “gamma cromatica” riferendosi ai colori che vide alla rottura del suo Uovo filosofico; tuttavia, in quel discorso, egli sta parlando dei suoni (sibili) che si manifestavano durante la cottura ed ai quali corrispondeva un incremento di peso (massa). Per di più ‘gamma‘ e ‘scala‘ in molte lingue (fra cui il Francese) sono sinonimi in ambito musicale. Per restare a Canseliet, tempo fa ipotizzai una corrispondenza fra i pesi che riportava e le frequenze dei ‘sibili‘ che avvertiva con cadenza circadiana. Ebbene, essi sono molto poco distanti (come piccoli e scarsamente udibili scarti d’intonazione) da una tabella di scala cromatica.  Faccio notare che, nell’edizione italiana del libro è erroneamente riportato, al V stadio, il valore di 369 g mentre nell’edizione originale il valore è 396, ed è più ‘intonato‘ come potrete verificare (corrisponde grosso modo alla nota sol). Come nella sequenza di suoni che si otterrebbero poggiando in successione le dita su ogni tasto della viola di Senlecques, no? E Canseliet, lo ricordiamo, parla di gamma cromatica.

Tuttavia, se si sottrae al valore totale dei pesi la ‘tara’ di crogiolo e mica, ovvero si considera solo il peso incrementale della ‘remora‘, si ottengono ‘suoni’ più gravi, ma in sequenza diatonica, ovvero una successione di sette gradi che realizzanouna scala cosiddetta ‘misolidia’ (con il settimo grado abbassato di un semitono rispetto alla nostra scala maggiore). Nei grafici, la serie 1 è il valore del peso indicato da Canseliet e nella serie 2 il valore in frequenza delle note. Nel fatto che essa si fermi su una settima minore mi pareva di aver individuato il ‘segno’ che l’operazione fosse destinata a non concludersi positivamente.  In sostanza, Canseliet avrebbe dovuto attendersi una ‘sensibile’, ovvero una settima maggiore  per… proseguire? Se la mia intuizione è esatta, bisogna forse attendere un ulteriore ottavo suono per ottenere la Pietra. Questa ‘ottava‘ corrisponderebbe così al raddoppio del peso e così della frequenza, in quella  proporzione di 2:1 che  è costantemente ricorrente in Alchimia.

In questo senso, potrebbe acquistare ulteriore valore l’immagine musicale riportata nelle Veritez Hermetiquez dove con un gioco ‘voluto’ di errori si punta l’attenzione su un’appoggiatura di Si che risolve su un Do, nota al culmine di un arpeggio di OTTAVA: quasi a dire, è lì l’ulteriore gradino verso la realizzazione dello scopo, è lì l’Ultimo Dragone, con un passaggio che, fra l’altro, in musica si chiama (come già accennato) “risoluzione“.

Purtroppo quando l’Autore, Captain Nemo, mi chiese di commentare l’immagine, non ancora avevo pensato a questa possibile interpretazione, che peraltro nulla ci assicura che sia fondata, e mi sono limitato a sottolineare l’apparente errore fatto nelle ‘Ingenuitez‘ ripsetto alle ‘Veritez‘.

In quell’arpeggio, poi, si torna indietro, verso la nota iniziale, in una sorta di Ouroboros ‘aperto’ lungo il rigo musicale (ahimè, soggetto quindi alla legge del Tempo… è curioso pensare che le prime notazioni musicali non erano ‘mensurali’, ovvero non riportavano indicazioni di durata): vorrà dire qualcosa? Anche nel ‘raffreddarsi’ la Pietra emette suoni?  Via via discendenti?

* * * * * * *

Come accennavo nella prima parte, questa digressione più che dare risposte pone domande:

  1. Bisogna attendere un ottavo suono?
  2. Bisogna avere una scala diatonica o una scala cromatica?

Non finisce qui: queste osservazioni si basano sul nostro sistema musicale, ma come si regolavano i Cinesi con la loro scala Pentatonica, o Geber con quella Araba? E poi:l’Anonimo delle R. H. ha voluto darci delle indicazioni precise con l’arpeggio di Do maggiore? In caso affermativo,se Canseliet parte da un Mib, è arrivato con un eccesso di peso all’inizio della Cottura (eccesso che non poteva essere che costituito da impurità) e quindi all’apice della sua scala l’apporto delle acque superiori è stato insufficiente? Oppure era semplicemente eccessiva la ‘tara’ di crogiolo e mica?  Considerate che , in ogni caso, sarebbe arrivato comunque ben un semitono più in alto, prima di arrestarsi…

Quindi, alla fine: sette o otto suoni? Cromatica o diatonica? O esistono tutte queste possibilità insieme che conducono a risultati ognuno differente?

Anelo a verificarlo…

Chemyst