Il Bianco e Dolce Cigno

Raffigurato nel Firmamento da una delle costellazioni più belle e visibili del cielo, il Cigno è un simbolo antichissimo, tra i più importanti e ricchi di significato in assoluto. Uccello elegante e maestoso, è simbolo di realizzazione completa in quanto in esso si ritrova sia l’essenza maschile (il lungo collo che rimanda ad un simbolo fallico) che quella femminile (il corpo bianco, candido e rotondo). Il Cigno è dunque l’Androgino, il perfetto Uovo del Mondo poichè in esso sono condensate le due nature, il frutto dello sforzo tendente all’equilibrio nella ricerca alchemica. Sono decine e decine le opere d’arte associate a questo simbolo, per tacere dei miti ad esso collegati, tra cui il celebre racconto classico di Giove trasformato in cigno per sedurre Leda. Nell’Antico Egitto il Cigno era personificazione della Dea del Cielo Nut, madre di Iside e Osiride nonché di Neftis e del malvagio Seth. Presente nell’architettura della Piana di Giza, attraverso le altezze delle tre piramidi, Nut partorisce metaforicamente il Disco Solare ogni mattina e costituisce parte dell’Ordine Cosmico.

In Alchimia il Cigno è legato all’Albedo e viene associato alla costanza: il processo di calcinazione rappresenta la seconda fase della Grande Opera.  In Gran Bretagna è inoltre un simbolo di regalità, presente com’è nello stemma dei re britannici. Il Cigno tuttavia è anche un simbolo di morte, rappresentato dal fatto che in Grecia il Cigno era sacro anche ad Apollo, Dio del Sole: di notte era un cigno a trainare il carro solare, invece del diurno cavallo, assumendo così una connessione con il mondo degli Inferi. Ma qui  a noi quel che interessa è il mito che racconta come, prima di morire, l’uccello normalmente fornito di un verso sgraziato si metta a cantare melodiosamente. Il Canto del Cigno così è divenuto sinonimo di ultimo atto glorioso, della fine onorevole della vita, poichè con il raggiungimento dello “stato perfetto” l’uomo è pronto per tornare “alle stelle”, al Divino, al Duat secondo gli egiziani, al Terzo Grado della Grande Opera. Alcuni autori, come Socrate, associano il canto funebre del Cigno a qualcosa di positivo, a un’evoluzione spirituale. Il Monaco di Erfurt, Basilio Valentino, lo raffigura un po’ discosto, in secondo piano, e nel suo commento Eugene Canseliet sottolinea proprio l’aspetto del Canto, identificandolo con un segnale preciso (Cygne, Signe… stessa pronuncia francese), un avviso sonoro (ed evidentemente ‘armonioso’) della mortificazione del Mercurio e  della sua evoluzione in qualcos’altro…

Conoscete però la mia fissazione, e leggendo il commento del Maestro Francese, mi è tornato alla memoria lo splendido madrigale di Jacob Arcadelt, un capolavoro di eleganza e serenità, dal testo quantomeno bizzarro, o perlomeno suggestivo…

Il bianco e dolce cigno
cantando more, ed io
piangendo giung’ al fin del viver mio.

Stran’ e diversa sorte,
ch’ei more sconsolato
ed io moro beato.

Morte che nel morire

m’empie di gioia tutto e di desire.

Se nel morir, altro dolor non sento,
di mille mort’ il di sarei contento.

L’operatore che assiste al canto del cigno, e che a sua volta muore al suo stato precedente, accedendo ad un ben più elevato stato d’Adeptato, e morendo pieno di “gioia e di desire” a questa vita quotidiana. Ma forse sono solo i sogni di un povero Innamorato alla luce della Luna…

Ecco cosa pone in musica Jacques Arcadelt, apprezzato fiammingo, sul testo di Giovanni Guidiccioni, il quale compì studi umanistici e filosofici a Bologna, Padova e Ferrara, entrando in contatto con Bembo, Trifone Gabriele e altri letterati. Si trasferì a Roma, al servizio del cardinale Alessandro Farnese, poi eletto papa con il nome di Paolo III (in tale occasione Guidiccioni verrà nominato governatore di Roma). Nel 1535 compì una missione diplomatica presso Carlo V, e nel 1538 gli fu affidata dal Papa la presidenza della Romagna, dove realizzò numerose riforme in campo amministrativo. Fu generale di campo nella guerra che Paolo III mosse contro i Colonna. Morì nel 1541. La sua produzione lirica, di impronta strettamente petrarchesca, fu pubblicata in svariate antologie. Un uomo interessante, dunque, non solo un lettrato ma un uomo d’arme, che incarna una figura in un certo senso cavalleresca…
compì studi umanistici e filosofici a Bologna, Padova e Ferrara, entrando in contatto con Bembo, Trifone Gabriele e altri letterati. Si trasferì a Roma, al servizio del cardinale Alessandro Farnese, poi eletto papa con il nome di Paolo III (in tale occasione Guidiccioni verrà nominato governatore di Roma). Nel 1535 compì una missione diplomatica presso Carlo V, e nel 1538 gli fu affidata dal Papa la presidenza della Romagna, dove realizzò numerose riforme in campo amministrativo. Fu generale di campo nella guerra che Paolo III mosse contro i Colonna. Morì nel 1541. La sua produzione lirica, di impronta strettamente petrarchesca, fu pubblicata in svariate antologie.

… simpatico quartetto, vero? Ma eccovi qualche altra notizia: Jacques Arcadelt (anche Jacob Arcadelt o Jakob Arcadelt) (Liegi, 14 ottobre 1504 o 1505Parigi, 4 ottobre 1568) è stato un musicista e compositore fiammingo. Non si conosce molto della sua giovinezza. Egli dovette avere però rapporti con Philippe Verdelot, se all’interno di una medesima pubblicazione compaiono i loro due nomi. Altre fonti riportano che fosse allievo di Jean Mouton, a sua volta appartenente al gruppo dei discepoli di Josquin Desprez. Nel 1532 è a Firenze, ma in conseguenza dell’uccisione di Alessandro de’ Medici, duca di Firenze nel 1537 ripara a Venezia. Nel 1539 è a Roma come membro della Cappella Giulia. Nello stesso anno pubblica quattro libri di madrigali. Ristampati molte volte essi daranno fama europea ad Arcadelt. Poco dopo (nel 1540) viene nominato “magister puerorum” (direttore del coro di fanciulli) e successivamente maestro del coro della Cappella Sistina. Nel 1544 entra al servizio di Carlo di Guisa, Cardinale di Lorena a Lione, ma solo negli anni Sessanta entra in contatto con Parigi dove l’editore Pierre Attaingnant pubblica sue opere. Nel 1557 pubblica un volume di messe che dedica a Carlo di Guisa, Cardinale di Lorena. Lo stile di Arcadelt fonde la tradizione franco-fiamminga con le caratteristiche della musica italiana nell’età dell’Umanesimo e Rinascimento ed è melodioso e rotondo, soprattutto nella musica profana (madrigale), cosa che consentì alla sua musica di diffondersi notevolmente in Italia e Francia. La musica di alcuni dei suoi madrigali divenne un modello per la generazione successiva di compositori. Arcadelt compose inoltre molte chanson, soprattutto durante i suoi anni di soggiorno in Francia che si pongono come esempi eccellenti della stagione più alta della chanson francese del Cinquecento. Si ricorda anche la sua musica sacra, in particolare le messe e i mottetti: le prime si collocano nella tradizione di Josquin Des Prez e Andrea Da Silva.

S. Nicolò a Treviso

Cari Amici e  Compagni Cercatori,

poichè sembra che il filone architettonico – iconografico vi appassioni molto, data l’impennata di ‘click’ e di commenti dopo le belle suggestioni architettoniche del caro Tonneau Rouge, eccomi a lanciarvi un’altra possibile ‘pista’. Devo in parte lo spunto anche ad ETN, che possiede su FB una bella immagine sicuramente di significato ermetico, dalla quale è scaturita la mia curiosità: eccovela, è una decorazione dell’abside della Chiesa di S. Nicolò a Treviso. I numeri ci sono tutti: la Stella a sei punte è l’emblema della Grande Opera, e volendo giocare di ‘numerologia’, abbiamo la ‘fusione’ di acqua e fuoco, rappresentati dai due triangoli che formano la stessa, al centro della quale si n ota un fiore a tre petali (i tre principi?). Ai quattro angoli poi vi sono altrettanti analoghi fiori a tre petali, a testimonianza dei quattro elementi, in relazione ai quali il fiore descritto prima e posto al centro ne rappresenta la quintessenza. La stella è poi inscritta in un cerchio, simbolo della ciclicità del tempo e dell’essere… ma sono sicuro che alcuni di voi potranno trarne altri significati.

La chiesa di S. Nicolò fu edificata su ordine di PapaBenedetto XI, e le sue grandi dimensioni sembrano legate alla volontà dello stesso di spostare la sede papale a Treviso: ma ecco le annotazioni di ETN che riporto fedelmente: Papa Benedetto XI (al secolo Nicolò Boccasino di Treviso) aveva l’intenzione di portare il Vaticano proprio a Treviso, non sentendosi più sicuro a Roma. A tal fine aveva incominciato a costruire la chiesa di S.Nicolò che all’ epoca era una delle più grandi del mondo! Benedetto XI probabilmente s’ interessava di alchimia (a lui il grande alchimista Arnaldo da Villanova aveva dedicato nel 1303 il suo testo ermetico SEMITA SEMITAE ); una possibile prova di tali interessi dovrebbe essere data dai simboli ermetici posti sulle absidi di S.Nicolò. Il papa ebbe come cubicolario JACOPO da MONCUCCO, il Gran Maestro dei Templari Italiani dell’ epoca ma…nel 1305 morì improvvisamente, avvelenato da fichi riempiti di polvere di diamante! Si disse che il mandante dell’omicidio fu il re di Francia Filippo il Bello che dopo aver annientato i Templari spostò ad Avignone la sede del Papato”.

In effetti le proporzioni della chiesa sono davvero ragguardevoli:  eccovene uno scorcio parziale della navata. La Chiesa di San Nicolò fu costruita ai primi del ’300 dai Domenicani anche grazie ai cospicui lasciti del frate Niccolò Boccalino, più noto come Papa Benedetto XI. La Chiesa sorse ai margini di quella che era la zona più urbanizzata di Treviso, verso Ponente, al di là della quale vi erano soprattutto terre incolte. La storia dell’edificazione della Chiesa fu segnata dal crollo della torre campanaria che demolì buona parte delle cappelle sottostanti e da un’interruzione causata dalla peste che colpì Treviso nella prima metà del XIV secolo. Con le sue forme semplici, ma allungate verso l’alto, con le massicce murature perimetrali appena rotte da sottili feritoie da dove una luce entra temperata dalle antiche vetrate, la Chiesa di San Nicolò segna un momento di transizione tra il robusto stile romanico e l’elegante gotico di origine transalpina. Le colonne, che dividono lo spazio interno in tre ampie navate, reggono un tetto in legno a sezione circolare, diventando supporto a pitture a fresco di Tommaso da Modena (seconda colonna di sinistra) e di altri artisti della sua scuola. San Cristoforo Le navate della Chiesa si concludono su tre absidi; la principale che è il presbiterio, raccoglie il suo momento sepolcrale di Agostino Onigo la cui parte scultorea è di Antonio Rizzo e quella pittorica del Lotto. Sulla parete perimetrale della navata di destra vi è un organo del Callido affiancato da un grande affresco di San Cristoforo alto fin quasi alle capriate. Nell’attiguo Capitolo dei Domenicani vi è un grande affresco che prende l’intero perimetro del grande vano rappresentante i Domenicani illustri ognuno inquadrato entro una propria nicchia – studiolo. L’opera è di Tomaso da Modena e rappresenta un momento di revisione stilistica oltre che iconografica del modo di rappresentare alla maniera grottesca.

Che poi Benedetto XI si interessasse di Alchimia, non deve suonare curioso: altri Papi lo fecero, fra i quali, poco dopo di lui,  l’Avignonese Giovanni XXII. A possibile conferma di questo, nella sala dell’annesso Seminario campeggia un grande affresco che riproduce i grandi santi domenicani (come Benedetto) e fra questi un altro grande Alchimista: Sant’Alberto Magno. L’affresco è opera di Tommaso da Modena. Spero davvero che possiate trovare altre tracce fotografiche che la mia ricerca sul Web non ha colto, e che possiamo commentarle assieme.

Chemyst

vetrata Saint Etienne

ecco l’immagine della vetrata che citavo nel commento precedente.

E’ molto più chiara adesso. Si capisce che si tratta di due situazioni differenti. La prima è l’estrazione del vino dall’uva, mentre l’altra sembra essere la raccolta del Sangue del Cristo attraverso una specie di torchio. In alto a sinistra vi è la vigna, in alto a destra si sta officiando una messa. Sembra quasi che il carro “alato” abbia portato la donna in blu che sta entrando nel palazzo in alto a destra. La donna oltretutto sembra essere gravida.

I due Tonneau in basso hanno una funzione diversa (o forse simile??), infatti in una vi è contenuto il sangue di Cristo, nell’altro il vino. Forse l’immagine potrebbe consegnare al vino una funzione “Santa” o comunque non poi così terrena? A riprova di questo fatto è il Nostro Demiurgo che tra le nubi abbraccia un globo crucifero blu.

Tonneau Rouge

Chiesa di Sant Feliu

Colgo al volo la proposta del post precedente del valente Noldor, per inserire un’immagine molto bella che si trova su un sarcofago all’esterno della chiesa di Sant Feliu a Girona in Spagna.

come si può vedere all’interno della stella c’è un agnello con un pastorale.

Tonneau Rouge

Alchimia e … Blog

Cari Compagni di Cerca,

sappiamo tutti che l’Alchimia è una ricerca personale e solitaria, una Via individuale. Certo, studiamo tutti gli stessi libri, e dovremo passare tutti per le stesse tappe, ma sappiamo già che i risultati (se ci saranno) saranno diversi per ognuno di noi. Gli esiti, poi… qualcuno si fermerà in un punto, qualcun altro imboccherà un sentiero diverso nel Bosco, un altro ancora scoprirà una via particolarissima ed affascinante, un fortunato andrà in fondo, un Benvoluto oltre…

E allora, un blog sull’Alchimia??

Eppure, come dicevo qualche giorno fa, incontrarsi con altri Cercatori è cosa purtroppo rara, ed etica e prudenza, nonchè le distanze geografiche, oltre ad altre emozioni, limitano anche questi incontri preziosi. Ed il sentiero nel Bosco è scuro, difficile, insidioso e… solitario.

Ma la Rete ai tempi di Filalete non c’era…

Vero, e comunque TUTTI gli Adepti hanno sentito il dovere, o il bisogno, di passare un messaggio, un’eredità, di tener viva la Fiammella della Conoscenza al di là del velo del Segreto Alchemico. Ma c’è anche un’altra ragione, più umana e terrena, ed è quella del conforto necessario per un compito così aspro: se si pensa che poi, comunque, lo studio e la meditazione sui testi dell’Arte in qualche modo acuisce alcuni aspetti della nostra sensibilità, ecco che un contatto sia pure virtuale è benefico e salutare, e consolida il senso di Fratellanza che accomuna chi ha iniziato insieme una Cerca del genere.

Oggi nascono Blog di Cercatori, ricchi di spunti e di immagini: sono senza dubbio utili, ed anche belli. Una traccia, un segno, un disegno, una parola, anche inconsapevoli, possono essere d’aiuto anche a chi è più avanti nel sentiero, o già in Laboratorio.

Coraggio, dunque…

Chemyst

M. Coutan

In una recente chat con alcuni amici, è saltato fuori un nome che mi era sconosciuto: M. Coutan. Incuriosito mi sono apprestato a consultare la mia biblioteca personale…. internet. Ho trovato questo file, spero possa essere utile.

COUTAN Le grand oeuvre dévoilé

il sito da cui è stato estratto è il seguente:

http://livres-mystiques.com/Temoignage/Alchimie/auteurs/auteurs.html

Tonneau

Vari Blog

In punta di piedi, e spero senza far troppi danni, utilizzo questo bel blog dell’amico Noldor.

Segnalo anche io un blog interessante, magari non è proprio Alchemico al 100%, ma qualche ispirazione può forse darla.

http://artesapienza.blogspot.com/2008/06/rflexion-dieucoutan-grillot-de-givry.html

Altro blog molto interessante è il seguente

http://filostene-alchimia.over-blog.com/article-31699682.html

Tonneau Rouge